Il termine sadismo deriva dal nome del Marchese de Sade, nobile francese scrittore di saggi filosofici ma anche autore di svariati libri a sfondo erotico e caratterizzati dalla crudeltà e che finì in un ricovero di alienati per questi suoi comportamenti.
Il sadismo, non è solo una perversione ma anche un tratto della personalità: spesso si indica con questo appelativo chi è capace di essere crudele e di compiacersene sia con i famigliari che con gli altri. Nell’ambito famigliare, il sadico pretende assoluta obbedienza, generalmente è un despota e punisce per qualsiasi banalità o deroga alle proprie regole.
Con questo termine, nel DSM – IV, si indicano le azione in cui il soggetto ricava eccitazione sessuale dalla sofferenza psicologica o fisica della vittima. I comportamenti sadici sono caratterizzati dal dominio sulla vittima, possono includere l’imprigionamento della vittima, il bendarla, fustigarla, percuoterla, torturarla fino anche ad ucciderla. L’età di esordio delle attività sadiche è variabile, ma di solito le fantasie sessuali di tipo sadico sono presenti sin dalla fanciullezza. Inoltre, solitamente la gravità degli atti sadici cresce con il passare del tempo: il sadismo, quindi, è di solito cronico. I due criteri diagnostici principali, per classificare il sadismo, sono quindi i seguenti:
1. durante un periodo di almeno 6 mesi, sono presenti fantasie, impulsi sessuali, o altri comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti sessualmente che comportano azioni in cui la sofferenza psicologica o fisica della vittima è sessualmente eccitante per il soggetto;
2. le fantasie, gli impulsi sessuali o i comportamenti causano disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altre importanti aree del funzionamento.
Uno studio critico sulle opere di Sade evidenzia che la forma del suo sadismo poggiava su quattro caratteristiche fondamentali: odio per l’altro sesso; odio-amore per il proprio sesso; paura del coito e paura ed evitamento di eventuali discendenti.
Alla base di queste caratteristiche c’è quindi una paura della responsabilità. In un certo senso, il sadismo rifiuta la reciprocità, caratteristica dell’amore; il sadico non vuole che la vittima gli offra la sua dedizione, al contrario vuole che essa gli opponga resistenza in modo da poterla spezzare. Quindi il suo interesse poggia sulla costrizione.
Il sadismo, in generale, può presentarsi sotto diverse forme:
sadismo non sessuale o psichico: è un tipo di mentalità che si esplica nel maltrattare familiari, nel provare gioia delle sconfitte altrui. Il soggetto ignora che il suo atteggiamento sia legato alla sfera sessuale. All’interno della vita familiare questi soggetti pretendono la completa obbedienza da parte degli altri membri; hanno un senso fanatico dell’autorità, della condanna e puniscono ogni minimo errore;
sadismo sessuale: indica il bisogno di vedere soffrire il proprio partner per il dolore fisico e per l’umiliazione prima e durante il rapporto sessuale; spesso i sadici provano un elevato piacere nel percuotere il partner.
Nel sadismo la violenza è spesso di tipo psichico, con minacce e atteggiamenti finalizzati a spaventare e umiliare la vittima. Quindi, anche nel sadismo, si riscontrano le nozioni di punizione e di eccitazione per mezzo della vergogna, riconducibili a interdizioni infantili nella funzione erotica. Il sadico si serve della sua attitudine a essere eccitato dalla sofferenza, effettiva o simbolica, attiva o passiva, per procurarsi piacere e per raggiungere l’orgasmo, effettivamente determinato o facilitato con manovre autoerotiche.
Da un punto di vista psicoanalitico, l’impulso sessuale primitivo avrebbe la funzione di neutralizzare l’istinto di morte e per far ciò porterebbe l’aggressività verso l’esterno, sugli oggetti esterni, realizzandola così sotto forma di distruzione altrui e attenuandola poi, come forma di possesso e di potenza sull’altro. L’elemento stesso di questa tendenza, messa al servizio della funzione sessuale, costituirebbe il sadismo (sadismo erogeno). Inoltre, una parte di questa tendenza violenta resterebbe comunque all’interno dell’organismo: questa parte non esternalizzabile, produrrebbe il masochismo.
Inoltre, una menzione speciale nella genesi del sadismo è stata accordata all’influenza di avvenimenti traumatici soprattutto durante l’infanzia. In questa ottica, il comportamento sadico come anche quello masochistico, viene visto come una sorta di lutto negato o patologico, come un tentativo di rifiutare e negare la perdita e riparare ed essa con una fantasia che comunque non porta ad alcun risultato, poiché la perdita interna continua ad esistere. A questo punto, l’individuo stabilisce e sviluppa una perversione al posto della relazione. Questa mancata risoluzione del trauma ha delle conseguenze sulle successive difficoltà derivate dalla gestione delle fantasie e dell’eccitamento sessuali altamente potenziati nel periodo edipico. Il sadico, così, è spinto anche dal divieto nei confronti di una sana espressione della sua sessualità. Il dolore provocato dalla sofferenza inflitta è una difesa contro il dolore più grande della perdita.
Sempre secondo la psicoanalisi, il sadico trova soddisfazione nel vedere soffrire la sua vittima e questo ha anche come spiegazione la sua identificazione con la vittima: quindi, paradossalmente, il sadico quindi gode nel far soffrire sé stesso.
Si intravede, inoltre, in questo comportamento una componente compulsiva. L’atto aggressivo serve a contenere la propria rabbia e ostilità; questi soggetti sono guidati da un forte desiderio di dominare e umiliare gli altri. La loro ricerca di potere non è certamente positiva: parte da un forte sentimento di odio e da una voglia di vendetta e riscatto.
Le altre parafilie.
A curi si C. Simonelli, F. Petruccelli, V. Vizzari “Le perversioni sessuali” Franco Angeli, 2000.