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“Ti amo da morire”.
Quando chi ti ama pronuncia questa frase la prima cosa da chiedersi è: chi dei due deve morire lei/lui o noi?
Se morir d’amore è uno spasmo che tende alla vita sognata e agognata, tutto va bene, ma se significa soccombere alla follia dell’altro, allora non è amore.
Per conoscere l’amore e distinguerlo dal non amore è bene tornare alle origini, fare quattro passi dalle parti di Socrate per conoscere, nel Simposio, il racconto della nascita di Eros.
Nella mitologia greca Eros è figlio di Povertà ed Espediente, come la madre è mancante di qualcosa, ma come il padre se la cava in ogni circostanza avversa: non è proprio così l’amore? E poi Eros è scalzo, non teme il freddo e le asperità…l’amore vero sa affrontare ogni ostacolo pur di colmare la mancanza dell’altro, quell’altro che amiamo.
Siamo disposti a questo? Se la risposta è affermativa, allora amiamo e il ti amo da morire altro non è se non quel sottile confine tra la vita e la morte, che il grande amore avverte ogni volta che l’amato si allontana per poi riavvicinarsi: con il corpo e con la mente.
Ma se il ti amo da morire significa:
‘ti amo al punto da distruggere il tuo equilibrio e per farti diventare uno strumento dei miei voleri fino ad ucciderti se non corrispondi più a ciò che mi aspetto da te’
allora no, non è amore ma egoismo che sa di morte.
Nella frase ti amo da morire troviamo anche le due grandi pulsioni freudiane di Amore e Morte che avrebbero il compito di dare equilibrio al mondo e al singolo individuo, nella loro eterna lotta per strapparsi il primato a vicenda.
Non è quello che ci accade quando l’oggetto d’amore è così desiderabile da volerlo inglobare? Quel ti mangerei detto con passione è un’influenza dell’istinto di morte che vuole prendere il sopravvento, senza mettere in atto il proposito.
Ma qui, a parte casi patologici, è solo il voler possedere l’innamorato senza giungere alla sua distruzione che ci priverebbe della sua presenza.
‘Amor ca nulla amato amar perdona’
l’amore non consente a chi è amato di non riamare, sono le parole che Dante fa pronunciare, nel VI canto dell’Inferno, a Francesca da Rimini follemente innamorata, e ricambiata, del cognato Paolo.
Come se il grande amore per qualcuno fosse sufficiente per essere corrisposti.
Questa idea ci riporta ad un ti amo da morire pericoloso se si insinua in un animo predisposto alla sottomissione dell’altro.
C’è anche il caso in cui il ti amo da morire si riferisce a noi stessi avvinti da un amore così potente da renderci disponibili all’annullamento per fonderci in un noi-come-coppia.
Questo genere di ti amo da morire non ha nulla di egoistico, ma al contrario è una manifestazione potente di chi darebbe la vita per l’altro o quantomeno di chi avverte in alcuni momenti di estasi il desiderio di farlo.
a cura di Maria Giovanna Farina
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