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L’abito fa o non fa il monaco?

L'abito fa o non fa il monaco?
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Foto di Baruch Rabinowitz da Pixabay

L’abito fa o non fa il monaco?

Sembrerebbe di si: l’abito fa il monaco.

Il proverbio recita: l’abito non fa il monaco! Implicitamente quindi, invita a diffidare delle apparenze (non è tutto oro ciò che luccica), perché spesso sono ingannevoli e perché com’è giusto che sia, le persone non sono come sembrano, almeno ad una prima occhiata.

Per quanto vogliamo tentare di essere obiettivi, dobbiamo sempre ricordare il nostro cervello, è composto da due emisferi, il destro e il sinistro.

Il giudizio che diamo di una persona è automatico (quindi inconscio).

Nel giro di 10 secondi decidiamo IN oppure OUT. In quella manciata di secondi valutiamo la persona. Ci guidano alcune cose tipo, il modo di presentarsi, l’abbigliamento, come si esprime, la sua mimica quindi, siamo influenzati molto dalla comunicazione non verbale.  

Quanto conta l’apparenza

Quindi l’apparenza conta e molto. Ma non è sempre vero ovviamente, infatti, in questa foto Einstein non sembra molto intelligente eppure…

Esistono però tantissime ricerche i cui risultati confermerebbero che valutiamo gli altri sulla base della prima impressione.

Qualcuno direbbe che è una valutazione superficiale ma le ricerche hanno evidenziato che nel nostro cervello, le risposte sono immediate perché, da questa immediatezza, l’uomo ha evitato l’estinzione.

Tendiamo a pensare con i paradigmi odierni dove la sicurezza (fisica, alimentare, abitativa, etc) è relativamente concreta; proviamo invece a pensare alle condizioni che l’uomo viveva fino a 2-300 anni fa o meglio ancora nel periodo preistorico.

Immaginiamo di essere soli, in un posto che non offre nessuna sicurezza e si avvicina un uomo, grosso, armato,  con un’espressione truce e dal portamento sicuro. Che fai? Non hai molto tempo per decidere, perché dalla velocità di decidere dipende la tua vita: sei in grado di combattere oppure è meglio fuggire?

Le apparenze a volte ingannano

Ebbene, dal primo ominide ad oggi, l’evoluzione è progredita dovendo reagire a questa e ad altre situazioni minacciose simili.

Anche se oggi andiamo in giacca e cravatta, abbiamo gli abiti e l’aspetto curato, ciò che scatta nel nostro cervello è molto simile a quello del cavernicolo. I tempi della psiche sono molto lunghi.

Dal primo ominide sono passati 2.3 milioni di anni. Il nostro cervello si è evoluto lungo tutti questi anni e si poggiavano su un cervello ancora più primitivo. Da pochi anni (2-300) viviamo in un contesto sociale via via più sicuro ove l’accesso alle risorse è migliorato moltissimo; ciononostante il cervello si evolve lentamente e quindi ancora oggi, ahimè, le apparenze contano.

Abbiamo mai provato ‘a pelle’ di giudicare una persona? Quante volte hai o ti sei detto: ‘quella persona non mi piace’? Il tutto, quanto tempo ti ci è voluto? Qualcuno dice massimo 10 secondi.

Poi oggi le variabili sono ovviamente infinite e quindi riusciamo a gestire meglio i rapporti. Quelli destinati ad essere più stabili e duraturi (un nuovo collega) oppure quelli destinati a non ripetersi (un incontro sul treno oppure aereo).

Questo vale anche per noi: in pochi secondi anche tu, a pelle, hai dato la tua impressione.

Con il tempo può cambiare, naturalmente, ma se devi ‘vendere’ qualcosa a qualcuno, non hai chance future, ti giochi tutto subito.

I ricercatori hanno dimostrato che i primi minuti, condizionano le emozioni, i giudizi e i pensieri,  in merito a ciò che siamo.

Paradossalmente poi, quel primo giudizio, è duro a morire perché il nostro cervello è strutturato più nel cercare conferme a quel primo giudizio che ricredersi. In altre parole, la prima impressione conta e molto; cambiarla diviene difficile dal momento che tendiamo più a mantenere l’idea che lavorare per cambiarla. Se poi siamo di mentalità aperta e non abbiamo pregiudizi, il nostro punto di vista e in occasione di eventuali fatti può cambiare. Se invece abbiamo una visione miope, la tendenza rimarrà la stessa: persistere sulla primaria impressione.

Ecco perché, anche se l’abito non fa il monaco, influenza pesantemente la prima impressione.

Non hai mai una seconda occasione, per dare una buona prima impressione”

L’abito fa o non fa il monaco – Si può cambiare la prima impressione?

IL bello della vita è che tutto e il contrario di tutto può accadere. In fisica quantistica questo principio viene spiegato con l’ipotesi degli infiniti universi paralleli o multiverso (tipo Sliding Doors, per intenderci).

Restando nel nostro universo, è possibile cambiare la prima impressione ma non è né semplice nè diretto quindi, meglio iniziare bene.

Tutto inizia con il darsi la mano. Ma questa abitudine dove nasce?

Dagli Etruschi, e in seguito dai Romani. Lo scopo? Verificare che l’altro non fosse armato (ovviamente di notte).

Quindi, darsi la mano, non era proprio il modo più amichevole per iniziare una conoscenza.

Altra cosa ad esempio è quella relativa ai guanti. Si usa, nel darsi la mano, toglierli prima. Il motivo? Nel medioevo si usava mettere del veleno nel guanto da usare appunto per colpire (dando la mano) un avversario. Per evitare ciò si era presa l’abitudine di togliersi il guanto; abitudine che poi è diventata consuetudine.

Scambiarsi la mano è un’abitudine più maschile mentre le donne hanno altre usanze: si scambiano baci, oppure abbracci o altre modalità locali.  

Quindi, poiché darsi la mano è un segno di virilità, l’energia che mettiamo in quello scambio dà immediatamente la prima impressione. Ovviamente deve essere giusta, cioè non a tenaglia ma nemmeno ‘moscia’, deve essere semplicemente amichevole. Uomo o donna che tu sia, stringi la mano dando l’idea che è esattamente ciò che vuoi fare. 

Esistono anche altre modalità, come ad esempio l’abbigliamento, dallo status sociale, e da mille altri fattori. Laddove per certi soggetti un abbigliamento casual (Zuckerberg, Marchionne, Jobs, etc) è tollerato in altri lo è meno.

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