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Teoria della ghianda ovvero quella del nostro destino
Esiste il destino. Se sei una quercia, prima eri una ghianda, non potevi essere altro. Non puoi fare nulla per cambiare questa cosa e neanche noi possiamo deviare o forzare la nostra natura. Se sei nato per, esprimendo al massimo le tue potenzialità, diventare una quercia, questo è il tuo destino, questo è il tuo daimon (dal greco δαίμων, dáimōn, «essere divino»).
Scoprire il nostro talento
Esiste il destino. Ciascuno di noi, quindi, ha una sua unicità ed un suo talento e scoprirlo e realizzarlo sta alla base della nostra vita e della nostra felicità.
Riusciamo a vedere il talento nei nostri figli? Abbiamo trovato il nostro? Lo abbiamo realizzato?
La teoria della ghianda
Esiste il destino in relazione alla teoria della ghianda ed è stata teorizzata da James Hillman, psicoanalista junghiano allievo di Jung e anche presidente del C.G.Jung Institute e ideatore della psicologia archetipica o archetipale.
In questa teoria, H vede racchiusa l’accettazione e la comprensione di un mistero innato che chiede solo di poter uscir fuori allo scoperto, secondo le modalità intime e specifiche di ogni essere umano che ha tempi e modi diversi.
Ognuno di noi percepisce che la propria vita, contiene molte più cose di quante le mille teorie fin qui formulate riusciranno mai a definire.
Chi non ha mai avuto, almeno una volta nella vita, una sorta di illuminazione che ci ha condotto dove siamo. Questo qualcosa ci ha colpiti come un fulmine. Dopo la ‘fulminazione’, avevamo chiaro in mente ciò che dovevamo fare e lo abbiamo fatto.
Improvvisamente abbiamo avuto una maggiore coscienza di noi.
Le teorie sullo sviluppo psicologico
Questa teoria, annulla tutte le precedenti teorie sullo sviluppo psicologico (ad esempio quelle che fanno capo a Freud, Piaget, Bowlby, Adler, etc) e parte da molto lontano. Per la precisione, da Platone.
Cosa dice il buon vecchio Platone? Il mondo delle idee, ricordate?
Il mondo delle idee di Platone
Il nostro mondo è costituito da immagini date a priori. Il mondo dell’essere che non è, contrapposto a quello, più terreno, del non essere che è.
Ecco perchè, secondo Hillman, già prima della nascita, possediamo un’immagine che ci rappresenta. La ghianda sa che forse diventerà, in potenza, una quercia. Niente altro. La ghianda, potenzialmente è una quercia.
Le teorie precedenti, fanno ricorso a variabili quali: ereditarietà, ambiente, cultura traumi, difetti alla nascita, influenze dai maestri, genitori (o la loro assenza), nonni, etc, che Hillman bolla come superstizioni parentali.
Tutte le teorie sull’infanzia esaltano l’influenza dei genitori, sia in caso di eventuali patologie che in presenza di eventuali distorsioni che starebbero alla base dei carattere dei loro rampolli.
La costruzione della personalità
Dal momento che la costruzione della personalità di ognuno di noi è fondata (secondo le teorie di cui sopra) da una visione traumatica dei primi anni di vita, tutto ciò che ricordiamo di allora risente di questa suggestione.
Va quindi chiarito subito che non va accetta l’idea di me come il risultato e la sintesi di un sottile gioco di ereditarietà e forze sociali, perché così facendo, rinuncio alla mia unicità a favore di una visione molto più riduttiva, ovvero di essere solo un risultato, il risultato di una serie di fattori.
Non sono il risultato di un mescolamento di geni e di ciò che i miei genitori hanno fatto oppure non fatto, perché in tal caso sarei solo una vittima di queste forze.
Vittima e antieroe
In questa dimensione, la Vittima rappresenterebbe l’antiEroe.
Ma poi, in definitiva, di cosa siamo vittime? Siamo vittime di tutto quel modo di pensare che dimentica (qualora lo avesse mai saputo) che in ognuno di noi c’è una sorta di vocazione o una qualsiasi suggestione simile, che sta al centro della vita di ogni creatura.
I genitori non sono determinanti
Da ciò si evince che la causa principale del nostro presente non vada cercata nei genitori, dal momento che non siamo vittima dei genitori o della Madre ma delle ideologie e dalle teorie che attribuiscono questo valore.
Questo pensiero è sostenuto da una vasta ricerca (fatta da H) ove sembrerebbe evidente oltre ogni dubbio, che i genitori non sono stati determinanti sul carattere dei propri figli.
Destino, fato e fatalismo
In merito al discorso tra destino, fato e fatalismo, H sostiene che non è vero che tutto ciò che mi accade e tutte le mie scelte, possano in qualche modo essere predestinate (visione fatalista). Il destino di noi tutti coincide per H con la visione del daimon (dal greco demone) tanto caro a Socrate. Ciascuno di noi, quindi, viene al mondo perché è stato chiamato.
Perchè siamo al mondo
Non c’è una struttura divina che ci guida o che tutto possa rispondere ad un disegno prefigurato (anche perché le recenti acquisizioni della fisica quantistica lo escludono, dal momento che tutte le possibili probabilità possono accadere (anche se poi se ne sceglie una sola) bensì, facendo riferimento alla nozione greca di fato, il tutto si risolverebbe con il termine/concetto di potenzialità.
Le nostre potenzialità
Ovvero siamo solo noi che, attraverso le nostre scelte, decidiamo se, come e quando fare una determinata cosa.
Il fato può intervenire di tanto in tanto ma sporadicamente e in maniera casuale; la sua interferenza non si sovrappone mai alla nostra libertà, al nostro libero arbitrio; non è equiparabile al fatalismo, dove invece tutto sembrerebbe scritto.
Il fil rouge del discorso verte su suggestioni come vocazione, carattere, destino, immagini a priori: tutte cose che stanno alla base della teoria della ghianda, ovvero ogni persona è portatrice di una specificità che deve, perché lo chiede, essere vissuta e che già sarebbe presente ancor prima di essere vissuta, appunto come una ghianda ancora non quercia.
Le divinità greche (Moire, Dei, o le più moderne Fate, etc) sono solo creature che all’abbisogna ci sostengono ma non hanno nessuna possibilità di interferire né tantomeno di distoglierci dalle nostre scelte.
Però, come la ghianda, anche l’uomo è soggetto all’ineluttabilità. La ghianda ha la potenzialità di diventare quercia ma potrà essere distrutta, non crescere, ammalarsi e comunque, non potrà che diventare solo una cosa: una quercia.
Idea del daimon
E’ indubbiamente difficile accettare l’idea del daimon e in particolare che possa aver a cuore il nostro interesse. E’ difficile accettare o solo immaginare che qualcosa di misterioso mi salva continuamente la vita, infatti, preferiamo farci un’assicurazione per fronteggiare eventuali rischi.
Del resto, morire, è abbastanza facile. Se ci si pensa bene potremmo cadere per le scale, prenderci una tegola in testa, inciampare, andare sotto una macchina. Eppure raramente ci succede qualcosa.
A tutto ciò diamo il nome di istinto, autoconservazione, sesto senso.
Una volta non era così.
Nei tempi andati c’era uno spiritello che ci proteggeva oppure un angelo custode e nessuno osava mancare di rispetto a queste ‘essenze’ o esistenze quasi subliminali, anzi si facevano continuamente riti propiziatori alla divinità di cui si chiedeva protezione.
Ebbene, nonostante queste ‘difese’, che gli antichi chiamavano daimon, oggi ci sentiamo nudi ed esposti alle intemperie del mondo e privi di difese.
Un esempio per tutti: ad un concorso per dilettanti Ella Fitzgerald doveva partecipare per ballare ma quando toccò a lei cambio idea e decise di cantare e da allora non smise più.
Cosa l’ha spinta a cantare? Il daimon?