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I rimpianti di chi sta morendo
I rimpianti di chi sta morendo. Cosa rimpiange chi sta per morire, di cosa si lamentano le persone che stanno per morire, insomma, cosa proviamo mentre stiamo per morire?
Dopo anni di lavori precari e poco gratificanti, Bronnie Ware cercò e trovò, un lavoro che le dava maggiori soddisfazioni che di conseguenza le permise di arricchire la propria vita.
Il suo lavoro riguardava la cura di malati terminali, a cui venivano somministrate cure palliative.
Lavorare in questo ambito genera inevitabilmente dei cambiamenti e Bronnie cominciò a raccontare in un blog le sue impressioni in merito a ciò che le veniva confidato. Il blog ebbe un grande successo e ciò la convinse a scrivere anche un libro: Vorrei averlo fatto.
Le esperienze descritte nel libro, portano a concludere che si può vivere e morire in pace, purchè nel corso della vita (che poi è l’unica che abbiamo) si facciano scelte consapevoli.
Nel corso della sua esperienza e parlando con persone destinate a morire in tempi brevissimi e soprattutto con la piena consapevolezza di questa ineluttabile imminenza, Bronnie ha condensato le esperienze e le confidenze, in 5 rimpianti che le persone avrebbero voluto non avere.
Insomma, sto per morire, cosa avrei voluto fare e non ho fatto?
I rimpianti di chi sta morendo – Una vita più coraggiosa e più mia
Al primo posto dei rimpianti. Tutto ciò che volevamo fare (quel corso di laurea, quel lavoro, quella vacanza, etc) e non abbiamo fatto perché altri sceglievano per noi, oppure non avevamo l’energia giusta per farla, oppure avevamo altre priorità; tutti sogni rimasti tali.
Tutte scelte ambite, desiderate ma che sono rimaste li, nel cassetto. Chi sta in punto di morte e riflette su queste considerazioni, ritiene che è importante rispettare i propri desideri, realizzarne almeno uno.
Ora che si è in fin di vita non c’è più tempo, ma una volta, quando eravamo in buona salute non lo sapevamo.
I rimpianti di chi sta morendo – Ho sempre lavorato troppo
I maschi, dice Bronnie, tutti i maschi in punto di morte, hanno questo rimpianto. Le donne di meno, anche perché, le generazioni di cui stiamo parlando hanno avuto prevalentemente una vita da casalinghe.
Ma gli uomini si, tutti gli uomini hanno il rimpianto di aver dedicato troppo tempo al lavoro e meno alle cose che veramente piaceva loro. Sembra che questa cosa sia accaduta, indistintamente a tutti i pazienti maschi che sono stati curati che, a causa di questa priorità, hanno perso il piacere di godere della crescita dei propri figli e della compagnia della propria partner.
Allora non rimane che cambiare qualcosa nelle priorità che assegniamo alle cose e forse faremo scelte più consone, modificando la qualità dello spazio nella nostra vita, inserendoci anche le persone a noi care. In tal modo creiamo intorno a noi un clima più sereno e felice anche se forse con un reddito più basso.
Poco coraggio nell’esprimere i miei sentimenti
Quante volte vorremmo esprimere ciò che veramente ‘sentiamo’ (amore, odio, simpatia, amicizia, etc) ma che, per non alterare un equilibrio fittizio (qualcuno lo chiama quieto vivere) questa sorta di acting out viene evitato.
Cosi facendo, ovvero restando sempre e solo su un piano di superficialità o di poca profondità, si rinuncia alle emozioni, restando nella zona grigia della mediocrità.
In questo contesto, le energie inespresse dentro di noi, energia che può prendere anche il nome di amarezza oppure risentimento, si ripercuote negativamente e si riproduce sotto forma di malattie fisiche ma anche psicologiche.
Anche se non possiamo (e non dovremmo) avere il controllo sulle reazioni degli altri, è certo che un nostro eventuale cambiamento, provocherebbe una sorta di reazione a catena.
Se la smettessimo di posizionare la nostra comunicazione sulla falsità oppure sulla mera diplomazia (che spesso però è la forma più conveniente) allora cambierebbero anche le reazioni altrui, generando un circuito virtuoso che spesso ci permette di scastrare atteggiamenti cristallizzati e sterili.
Solo basandosi sulla verità e sulla spontaneità, le relazioni che decidiamo di vivere possono essere vissute in modo sano. E solo agendo sulla base della verità abbiamo la possibilità di esprimere appieno tutte le nostre potenzialità.
Poca attenzione agli amici
Chissà che fine ha fatto il mio amico del liceo, dell’università, delle elementari oppure che abitava sotto di me, etc. Solo in punto di morte, si hanno rimpianti per non aver coltivato queste amicizia privandoci degli indubbi benefici.
Cosa c’è di più gratificante di un amico? Il tempo ci induce a correre e a mettere in bassa priorità anche questo aspetto che ha un elevato livello nutritivo dal punto di vista psicologico. Quando le persone stanno morendo, spesso muoiono soli o con pochi parenti e pochissimi amici.
In questi momenti, di tutti i momenti della vita, si da maggiore importanza a questo tipo di ricordi e non a quante ore abbiamo speso per preparare una presentazione di cui, in quel momento, proprio è privo di interesse.
Chi vive in modo frenetico, chi si focalizza sullo status sociale, oppure sul benessere economico è poco incline a volgere la loro attenzione sulle relazioni amicali che, in effetti, rappresentano un bassissimo interesse. Solo in punto di morte, la scala dei valori viene invertita.
In questa fase gli aspetti economici hanno rilevanza solo nella misura in cui si desidera sistemare le cose a beneficio di chi rimane. Ma a parte questa rilevanza, in quei momenti si desidera solo circondarsi di amore e di relazioni. Niente altro.
In punto di morte si vuole solo dare e ricevere amore in un contesto relazionale più ricco ma, ahimè spesso privo di sostanza dal momento che nel corso della vita non si è lavorato per costruire salde e durevoli relazioni.
Vorrei aver permesso a me stesso di essere più felice
Chi non vuole essere felice? Tutti aneliamo a questo stato. Ebbene, anche se tutti, ma proprio tutti, dichiarano di voler essere felici, come mai, tutti, ma proprio tutti, in fin di vita hanno questo rimpianto?
Tutti sembra, abbiamo la tendenza di ritagliarci un ‘angolo di paradiso’ o meglio una isola dove tutto più o meno scorre senza scossoni.
Facendo così quasi sicuramente ci risparmiamo momenti di ansia e stress ma, rinunciamo per sempre ad essere felici. Una calma piatta. Alla domanda Come va La risposta è sempre la stessa Bene.
Un bene scialbo e insignificante che segna con i colori del grigio la nostra vita e che ci fa dire in fin di vita Avrei voluto essere più felice Avrei voluto essere più giocoso Più stupido Più bambino Perché non l’ho fatto?
Perché invece di indossare abiti dai colori vivaci ho sempre indossato gessati grigi? Perché sono stato così serio quando invece volevo ridere e fare stupidaggini come suonare ai citofoni nel cuore della notte e scappare via ridendo. Insomma, la felicità è adesso e quindi meglio non farla attendere.
Se in punto di morte, come dice Bronnie, la maggior parte dei rimpianti sono quelli che ha citato, allora dovremmo concludere che viviamo una vita non nostra, una vita fatta per gli altri e gestita anche dagli altri, che con le loro suggestioni, ci inducono ad essere tradizionali e non creativi.
Apollinei e non Dionisiaci, sobri e non entusiasti, attenti al dovere (lavoro e chiesa e non famiglia e amici) e non al divertimento, alla gioia, alla frenetica allegria, a considerare tutto impossibile quando tutto, tutto è alla nostra portata, tutto è possibile a patto che ognuno di noi riesca a scrollarsi di dosso il mantello della tristezza, dell’uniformità a tutti i costi, al fare sempre e solo ciò che gli altri vogliono rinunciando per sempre (abbiamo una sola vita) alla nostra unicità.
Se abbiamo un sogno, inseguiamolo Lavoriamo di meno Dedichiamo il nostro tempo alla famiglia Agli amici Il tempo che abbiamo non è infinito, non sciupiamolo.
Esprimiamo i nostri veri sentimenti anche se l’altro potrebbe esserne contrariato La felicità potrebbe richiedere qualche rischio Mettiamolo in conto Il treno passa Prendiamolo.