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Manipolazione: chi hai vicino

Manipolazione: chi hai vicino
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Foto di Alex Yomare da Pixabay

Di Teresa Cooper        

Manipolazione: chi hai vicino  

dopo l’abuso silenzioso affrontiamo il tema relativo alla conoscenza della   persona che abbiamo vicino.                                                                      

Molti degli abusi di cui sono stata protagonista (sono una donna), li ho combattuti “ignorandoli” oppure ho creduto di esserne stata il vero problema.

Quando ho chiesto in ginocchio al mio abusante di smettere lui non ha ascoltato e quando ho cercato aiuto, nessuno ha ascoltato. E più mi sentivo ignorata più si costruiva in me un senso di insofferenza estrema ed improbabile per il fatto di essere “ignorata”, che mi ha accompagnato fino all’età adulta. Ho riflettuto con attenzione sull’insofferenza provata, come se fosse solamente un lato brutto della natura umana che spesso porta molte persone a fare un uso improprio del “mutismo” per danneggiare gli altri. Tuttavia, ignorare qualcuno per un breve periodo e per esprimere insoddisfazione è molto diversa dall’abuso psicologico silenzioso.

Ignorare per punire, ferire o turbare qualcuno solo per il semplice gusto di farlo, senza un vero motivo è, a mio parere, una delle peggiori forme di abuso psicologico che possa esistere, perché provoca danni irreparabili alla vittima, mutandole lentamente ma visibilmente. Pochi occhi esterni ed attenti riescono a percepire che qualcosa non va, mentre le vittime modificano inesorabilmente i loro comportamenti in risposta all’abuso psicologico subito.

La manipolazione psicologica silenziosa è una forma di punizione e di controllo usata per danneggiare un’altra persona che subisce una mancanza di affetto, responsabilità o rimorso. Chi subisce non può comunicare e così, si deteriora lentamente, anche se in passato era una persona vivace, felice e divertente; si trasforma e diventa solitario, a tratti forse aggressivo verbalmente, nel tentativo invano di fermare l’abuso psicologico. Chi abusa è pienamente consapevole del danno che sta provocando, tutto quello che deve fare è comunicare con la vittima per porre fine all’abuso. Il predatore tuttavia, non parla con la vittima quando si trova “in modalità di controllo”; quando lo fa però, dà sempre alla vittima un falso senso di sicurezza, che però lei deve ignorare. Il silenzio, porta la vittima fuori strada, tanto da non farle capire cosa stia succedendo, in questo modo giustificherà inevitabilmente l’abuso psicologico silenzioso.

La vittima lotta disperatamente con il predatore nel tentativo invano di avere una comunicazione e il comportamento delle vittime riesce così a placare il silenzio infernale.

L’abuso psicologico silenzioso spinge le vittime sempre più verso il basso e l’abusante, impassibile , prosegue con le faccende quotidiane, ignorando la vittima così tanto delusa, affranta e triste, che nessuna persona normale sarebbe in grado di sopportare ad un vista del genere senza un minimo cenno. Ecco che la vittima inizia ad isolarsi completamente, smette di parlare con gli amici, di socializzare, di mangiare; inizia a bere, smette di lavorare, tenta il suicidio, inizia ad infliggersi l’autolesionismo e questi sono solo alcuni degli effetti collaterali di una vittima che soffre di abusi psicologici.

L’intenzione volontaria di ignorare una persona per causarle un danno, definita anche “ATCH” (absent to cause harm), implica che l’abusante taglia completamente la vittima fuori dalla sua vita. Può accendersi in lui un lieve senso di colpa, senza però attivarsi completamente, iniziando a riconoscere che la vittima forse sta soffrendo, ma non fa nulla a riguardo, anzi si allontana inesorabilmente da lei e semplicemente la ignora.

Si tratta di una forma molto pericolosa di abuso psicologico.

Molto spesso ho sentito storie di uomini che ignorano la loro partner, anche dopo aver assistito ai loro disagi come atti di autolesionismo o tentativi di suicidio. L’abuso psicologico indebolisce la mente della vittima, una volta forte, manifestandosi appunto sotto forma di “demolizione dell’Io”, dubbi e depressione. L’abusante assiste alle richieste disperate della vittima e si allontana. Non avrà alcuna emozione mentre le consuma la vita, poiché è convinto di essere nel giusto, lei è colpevole di aver ferito i suoi sentimenti, non lui.

Purtroppo accade solo raramente che gli amici della coppia siano testimoni di tali abusi o giochi psicologici, proprio perché sono silenziosi; in alcuni casi essi notano comportamenti irregolari della vittima, ma non riescono a capire cosa stia succedendo. La sofferenza della vittima non si vede dall’esterno: come ogni forma di abuso, esso rimane all’interno del rapporto immediato.

Gli occhi esterni vedono solo un amico, non un predatore, perfetto e amato da tutti, che fa tutto per loro, ritenendo i veri colpevoli i partner che cercano di farsi notare con parole aggressive davanti a tutti. In realtà cercano solamente di dimostrare le loro manifestazioni di disagio, uno sfogo bizzarro davanti a tutti, soprattutto in luoghi pubblici o tra amici, ma facendo così appaiono loro i veri colpevoli, in quanto sviano la percezione dei testimoni.

Il predatore inoltre informa la sua famiglia su ogni piccola cosa che fa il compagno, si rifugia nella loro opinione, ritraendosi come il bravo figlio che necessita di sostegno, poiché il partner ha dei comportamenti maniacali.

Questa forma di abuso psicologico è usata più spesso dagli uomini che dalle donne, anche se gli uomini non hanno le stesse reazioni: tacciono perché non vogliono perdere la virilità.

Purtroppo questa forma di abuso ha visto la morte di donne che si sono tolte la vita dopo che le loro grida di aiuto erano state ignorate dai predatori.

Fin dove si spinge la sofferenza delle vittime? Il disagio viene espresso attraverso l’autolesionismo (tagli intenzionali o mutilazioni del corpo), lo smettere di mangiare, uscire e socializzare, lo strapparsi i capelli, il restare giorni e giorni a letto, i disturbi alimentari o i tentativi di suicidio.

La ragione per cui sto affrontando questo argomento è perché mi sono state inviate molteplici testimonianze di alcune donne su facebook che stanno attraversando questo disagio con i loro partner, altre che sono appena scappate da un rapporto manipolatore, altre ancora che si trovano in silenzio ad incolpare se stesse.

Voglio parlarne perché sono una testimone di abusi infantili, l’ho provato sulla mia pelle come effetto indiretto durante l’abuso psicologico che ho subito e contrariamente a quello che si crede, non è facile lasciare una relazione di tale peso, anche se dominante.

Gli uomini che sono stati abusati da bambini fisicamente, sessualmente o psicologicamente e/o hanno subito abusi da parte di un genitore, sono ben noti per l’utilizzo del “mutismo volontario”, con il quale ignorano i loro partner per punirli e controllarli. Sono uomini convinti di non essere abusanti perché non colpiscono fisicamente la donna, e convincono anche le vittime di essere sempre buoni con loro per il fatto di non avere mai nulla da dire. Uomini convinti di essere vittime indiscusse, senza rimorsi per la sofferenza che stanno causando a coloro che ritengono di amare, con forme di controllo e di punizione. Sono uomini che si rifiutano di contribuire a far crescere il rapporto di coppia, che mostrano poca o nessuna cura per il loro partner; uomini che si aspettano che sia la donna, da sola, a tenere saldo l’intero rapporto, mentre lui detiene la comodità del controllo e non fa nulla per contribuire o supportare il rapporto di coppia.

L’abusante, in caso di sfida, non fa trasparire alcuna emozione; tuttavia potrebbe diventare violento nel momento del confronto.

Ignorare un partner potrebbe anche essere segno di infedeltà, di mancato controllo delle emozioni o di scarsa attenzione. Indipendentemente dalle circostanze, la forza negativa dell’abuso psicologico silenzioso (ATCH) può essere risolto da una terapia ambivalente, sia per l’abusante, che per la vittima.

L’abusante può cercare un aiuto professionale solo se e quando riconosce di essere il vero problema, mentre la vittima deve cercarlo per uscire dal rapporto manipolatore, prima che quest’ultimo le consumi la vita lentamente ed inesorabilmente.

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