Lo sviluppo psicologico del femminile
Lo sviluppo psicologico del femminile, comincia la separazione evolutiva dell’uomo e della donna. Ecco che si definisce un archetipo che negli animali superiori è ancora arcaico.
Immaginiamo un mondo primordiale in cui uomini e donne presentano solo i caratteri sessuali primari (sostanzialmente come un branco di scimmie che all’alba si getta dagli alberi, saccheggia le pannocchie in una radura, torna a mangiarsele nella relativa sicurezza dei rami alti; si distinguerebbero le femmine dai maschi solo perché le prime hanno spesso un figlio abbarbicato alla schiena). Il sesso certo esiste, ma la coscienza sessuale deve ancora perfezionarsi.
E poi, nella caverna, le donne, cercatrici e raccoglitrici, lasciate sole dagli uomini che vanno a caccia. Forse il carattere aggressivo del maschio viene potenziato dalla dieta proteica. Lui mette a punto un linguaggio essenziale e inventa gli dei per propiziarsi la preda. La donna amplia questo linguaggio, inizia le cerimonie magiche e religiose (in molte popolazioni primitive non è ancora chiaro la meccanica della procreazione, per cui la donna (per il maschio) ha questo potere spaventevole (che forse è un tramite con gli dei), abbozza la ceramica e l’agricoltura, supera il crudo atto sessuale con la tecnologia dell’amore per il piacere (che è essenziale per la donna, malvisto e condannata dal successivo dio maschio). Inoltre, contrariamente ai maschi, le femmine fanno affidamento sui vincoli sociali: nei gruppi coesi, quando sussiste una situazione di minaccia o paura è più probabile che le femmine si aiutino a vicenda; i membri di un gruppo possono lanciare segnali di allarme per contrastare in anticipo la minaccia, riuscendo così ad allontanarsi e continuare ad occuparsi in sicurezza della prole. Tale modello di comportamento, che si potrebbe definire di protezione e socializzazione, parrebbe una strategia prettamente femminile. La protezione comprende attività che garantiscono la sicurezza e riducono la paura per sè e per la prole; la socializzazione consiste invece nella creazione e nel mantenimento di reti di rapporti che possono rivelarsi utili a tale funzione.
Neumann si interessò moltissimo della differenza tra struttura psicologica maschile e femminile. Credo che ciò sia dovuto al fatto che lui aveva una mente molto aperta al nuovo, al diverso.
Neumann fu molto sensibile a tutti i processi mitici e creativi della psiche. Nella sua concezione, la creatività è una prerogativa del “femminile” e qui lui intende parlare di energie e non di individui; del resto è difficile non essere d’accordo con lui visto che è il femminile che procrea e che è naturalmente fecondo. Gli artisti, del resto, hanno spesso una dimensione “femminile” molto forte, hanno un rapporto direi quasi privilegiato con la loro “Anima”, ed è da questa miscela magica di connessione tra maschile e femminile che scaturisce con naturalezza la creatività. Ci si rivolge alle Muse, prima di iniziare una creazione artistica.
Iliade: ‘Cantami, o Diva, del Pelìde Achille l’ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei,…‘
Odissea : ‘Musa, quell’uom di multiforme ingegno,dimmi, che molto errò, poich’ebbe a terra gittate d’Ilïòn le sacre torri;…’
Neumann ha quindi messo a punto la sua teoria nella diversità dello sviluppo a livello evolutivo fra il bambino e la bambina.
Il primo stadio – uroborico – che precede la nascita della coscienza, rimane lo stesso per entrambi; tuttavia la bambina sperimenta per ovvie ragioni un senso di identificazione piena e totale con la madre: è un “tu” simile e familiare, con il quale la bambina può identificarsi senza snaturarsi, mentre nel maschio è estraneo, diverso e non consente quel senso di somiglianza primaria, ed è proprio questo che lo porterà in seguito a fondare i suoi rapporti sul confronto anziché sulla identificazione. Questo spiega anche il perché le donne hanno un rapporto migliore con l’interiorità e con il principio di eros, che è il principio relazionale, mentre l’uomo, soprattutto quello occidentale, è culturalmente spinto verso la visione esterna ed obiettiva delle cose essendo più in rapporto con il principio di logos.
Il secondo stadio dello sviluppo del femminile è quello detto dell’autoconservazione, nel senso che la bambina rimane molto facilmente all’interno del gruppo di donne, mentre il maschio è spinto ad allontanarsi e ad uscire dalla simbiosi per poter sviluppare il proprio IO maschile, andando ad abbracciare il modello opposto a quello con cui ha trascorso la fase intrauterina e quella immediatamente successiva alla nascita (vedi sopra). Se questa fase non riesce, il maschio rimane “castrato”. Qui Neumann ha coniato con il termine incesto uroborico il ritorno alla fase precedente, alla madre, all’inconscio, insomma la distruzione e il disgregamento dell’IO. Mentre inizialmente (evolutivamente parlando) manifesta come una unione totale. In essa piacere e amore non hanno una forma attiva, bensi esiste la tendenza a dissolversi, a lasciarsi assorbire; quindi a non essere, in quanto individuo, ma solo ad esistere come parte della totalità. L’incapacità di uscire da questo stadio, comporta regressione, rinuncia alla propria individualità, in pratica, autodissolvimento. Pensiamo, al livello culturale, al ‘romanticismo della morte’ rappresentata dal romanzo di Goethe: I dolori del giovane Werther.
Questa circolarità ha in sè un’ambiguità. Da un lato rappresenta l’inizio di una vita superiore; dall’altro però può significare anche un arresto, un blocco, che inibisce all’individuo, se nevrotico, la possibilità di una evoluzione ordinata.
La fase successiva viene definita da Neumann irruzione dell’uroboro patriarcale; è la fase che consente alla donna di accedere – psicologicamente parlando – a qualcosa di assolutamente nuovo che viene vissuto quasi come un potere soggiogante e numinoso. Questa fase coincide spesso con l’incontro con il maschile interno, ma può anche essere letto come l’incontro con il proprio potenziale creativo ed aggressivo. È la fase in cui le donne si sentono “piccole” di fronte al maschile e il cui riscatto avviene se si abbandonano all’esperienza del maschile che apre la strada al diverso da sé. Sia per la donna che per l’uomo, la coscienza può aprirsi solo se c’è il contatto con il diverso, e per la donna questa fase comporta l’abbandono del rapporto originario con la madre: la donna però non deve rimanere prigioniera di questo stadio, altrimenti può essere altrettanto pericoloso, poiché vi è solo una possessione dell’Animus (la controparte maschile dell’anima nella donna) che comporta per lei il restare all’interno di un ruolo collettivo di figura ispiratrice, adepta o vestale, mai personale.
Nella fase successiva, quella dell’incontro, la donna si assume il compito di confutare i valori maschili, il che equivale all’uscire da una sorta di inerzia psichica che comporterebbe l’assoggettamento a valori estranei al femminile. Anche per la donna il “tradimento” è portatore di sviluppo e coincide con il ritiro delle proiezioni e l’accettazione interiore dell’altra metà del cielo che consente quel matrimonio sacro interno che è l’unica vera completezza.
Neumann ha spiegato i passaggi dello sviluppo del femminile nella meravigliosa intepretazione del mito di Amore e Psiche in cui analizza tutti i passaggi della psiche femminile dalla totale indifferenziazione, al rapporto vero con il maschile, per giungere al matrimonio sacro in cui c’è la realizzazione dell’incontro di due individualità separate e distinte. In questo mito, Venere rappresenta la Dea dell’Amore con il suo grande potere seduttivo che attrae e tende a portare a sé, ma Psiche è la Dea dell’incontro e del rapporto che attraverso l’amore si sottrae al ciclo naturale delle cose per raggiungere il matrimonio spirituale tra un IO e un TU all’interno di un processo alchemico di trasformazione.
Leggi anche : Le origini della coscienza, e cosa succede quando si va dallo psicologo,