Il significato degli archetipi – Archetipo strutturante
Jung ha sempre parlato di dominanti dell’inconscio collettivo e di immagini primordiali. Con questi termini Jung intendeva indicare motivi tipici che si ripetono spesso nei miti, nelle leggende, nelle favole ma anche, a livello personale, nei sogni, nelle fantasie e nelle visioni (più tipiche dei deliri di soggetti gravemente ammalati).
Cosa è l’archetipo
Secondo Jung tutto ciò esprime un modo tipico e universale che governa il comportamento degli essere umani in ogni tempo e luogo.
“Rendi cosciente l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino” (C.G. Jung)
In seguito per esprimere quanto sopra Jung cominciò ad usare il termine archetipo (dal greco antico ὰρχέτυπος col significato di immagine: tipos (“modello”, “marchio”, “esemplare”) e arché (“originale”); in ambito filosofico, la forma preesistente e primitiva di un pensiero (ad esempio l’idea platonica); in psicoanalisi da Jung ed altri autori, per indicare le idee innate e predeterminate dell’inconscio umano.
Provo a semplificare
Quante persone conosci che di carattere puoi definirli ‘rabbiosi, iracondi, irosi …’?
Tanti vero? Ottimo, in questo contesto la ‘rabbia‘ è un archetipo. Prima di questi amici, i suoi genitori, nonni, arcavoli… e via via fino alla preistoria, tante altre persone hanno provato questa emozione
I popoli antichi (romani, greci etc…) hanno pensato bene di scriverci sopra delle storie, che poi si sono chiamati miti.
Noi oggi, li leggiamo e cerchiamo di capire, tramite essi, come funziona la nostra psiche, e quali sono gli archetipi che la costituiscono.
A cosa serve tutto ciò? studiando i miti, siamo in grado di guardare dentro noi stessi, ed elaboriamo e interpretiamo il comportamento nostro e delle persone che ci circondano.
Altri aspetti dell’archetipo
Inoltre, Jung fece altre distinzioni distinguendo tra l’archetipo in se (come idea non percepibile ma presente solo in potenza) e la rappresentazione archetipica (cioè la sua manifestazione espressa in materiale psichico cosciente divenuto immagine.
Da qui, Jung definisce l’inconscio collettivo come una struttura psichica inconscia presente nella specie umana (quindi non personale ma, transpersonale) ove gli archetipi svolgerebbero la funzione di strutture operative.
Queste strutture sono a supporto dell’intero apparato psichico che ‘suggeriscono’ al soggetto immagini e dinamismi. Queste modalità sono legate al contesto storico del soggetto e della società determinando i ‘valori’ che sono condivisi sul piano della coscienza collettiva.
Nel 1949 Jung sosteneva che “… con il termine di archetipo non si intende denotare una rappresentazione ereditata, ma certi cammini ereditati, ossia un modo ereditato di funzionamento psichico, dunque il modo innato in cui il pulcino esce dall’uovo, gli uccelli costruiscono il loro nido, un certo genere di vespe colpisce con il pungiglione il ganglio motore del bruco e le anguille trovano la loro via verso le Bermude…. Questo aspetto dell’archetipo è quello biologico. Ma il quadro cambia completamente se viene osservato dall’interno, ossia nell’ambito della psiche soggettiva. Qui l’archetipo si mostra come numinoso, vale a dire come un’esperienza di fondamentale importanza”.
Il significato degli archetipi – il SIMBOLO?
Il simbolo, per Jung, non è un il ‘segno’ di un impulso rimosso, non è il ‘sintomo’ di un conflitto, ma il ‘mezzo’ con cui l’energia psichica viene trasformata in ‘progetti di esistenza’; rivela il ‘non ancora’ , il ‘possibile’ implicito nell’esistenza e connesso alla struttura specifica dell’uomo. L’archetipo, quindi, attraverso il simbolo agisce come mediatore tra la coscienza e l’inconscio e come trasformatore dell’energia psichica.
Un’altra possibile analogia la troviamo con la fantasia, che sarebbe il rappresentante psichico dell’istinto. Infatti ogni impulso, bisogno, reazione istintiva, verrebbe prima sperimentato come fantasia inconscia. La fantasia quindi sarebbe il legame che unisce l’inconscio con l’Io, il mezzo con cui l’uno si trasforma nell’altro.
In conclusione Jung ritiene che la coscienza può pretendere solo una posizione relativamente centrale e deve tollerare il fatto che la componente inconscia dell’intero apparato psichico la trascenda e la circondi da tutti i lati. Inoltre sarebbe condizionata in avanti, da intuizioni che sono regolate dagli archetipi.
Jung inoltre sostiene che la psiche può essere considerata come un sistema che si autoregola. Gli archetipi (poi ne vedremo alcuni) condizionano lo sviluppo dell’uomo la cui caratteristica è la vita simbolica e la creatività culturale. Gli archetipi quindi sono, o meglio agiscono come regolatori che entrano in azione tutte le volte che si verifica uno scompenso psichico.
Inoltre l’archetipo si manifesta non solo con noi stessi ma anche nelle dinamiche interpersonali. In particolare nell’analisi sono noti i fenomeni di transfert e controtransfert con la quale diviene possibile fornire una chiave interpretativa dei fenomeni relazionali.
Per concludere, Jung intuì l’esistenza di una realtà che va oltre il tempo e lo spazio, ipotizzando una realtà transpsichica le cui caratteristiche sono la relativizzazione, il dissolvimento del tempo e dello spazio e la perdita della validità generale della legge di casualità. L’archetipo agirebbe come ordinatore di avvenimenti che non hanno tra loro un collegamento causale ma soltanto una connessione di significato. Tutto questo ambito di riflessioni hanno portato Jung a definire il concetto di sincronicità. che sarebbe una legge che unisce cose simili.
Alcuni degli archetipi sono: Anima, Animus, Puer, Senex, Ombra, Persona, etc