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Cosa è la coscienza
La coscienza è un termine che si riferisce alla capacità che ha un individuo di essere consapevole di sé stesso, dei propri pensieri, delle proprie emozioni, delle proprie azioni e dell’ambiente circostante. È ciò che permette di vivere in modo consapevole, di riflettere sulle proprie esperienze e di prendere decisioni in base a una percezione della realtà.
La coscienza è considerata una caratteristica distintiva dell’essere umano e ha un ruolo fondamentale nella formazione dell’identità e della soggettività di ciascun individuo. Ma … è anche
… la domanda che da sempre l’uomo si pone che spesso viene espressa con : cosa ci rende coscienti?
Ebbene a questa domanda ancora non abbiamo risposto: era e rimane un mistero.
Esistono però punti di vista e molti dibattiti.
Molti sono d’accordo su queste due tesi, ovvero, la coscienza come sottoprodotto di tutto ciò che permette l’elaborazione delle informazioni oppure come un’area specifica del cervello (neoencefalo?).
Vediamo sommariamente come questo dibattito è stato affrontato nei secoli.
Cosa è la coscienza nel corso della storia
Le prime riflessioni sulla coscienza le dobbiamo forse ai filosofi greci ma temo che non basti, perché temo l’uomo ci abbia sempre riflettuto. Di certo il tema è sempre stato affascinante perché pieno di misteri e di enormi difficoltà epistemologiche.
Ippocrate di certo fu il primo che pensato al cervello come organo adibito alla gestione della vita psichica. Furono determinanti i suoi studi sui traumi e sulle malattie del sistema nervoso. Dopo di lui Aristotele ci dice che l’uomo non è un’entità particolare ma fa parte della natura e in quanto tale può e deve essere studiato appunto come si fa con essa.
Il pensiero mediovale è preso solo da Dio e quindi ogni studio sull’uomo è inconcepibile. L’uomo, gerarchicamente sotto Dio, non viene visto, come per i greci, facente parte della natura e quindi non era oggetto di studio.
Non esistono studi anatomici (a parte quelli vietatissimi fatti da Leonardo) e dobbiamo attendere il Rinascimento per vedere i primi studi seri sull’uomo. Cartesio riporta finalmente in auge l’interesse che aveva suscitato Aristotele.
Finalmente ci furono i primi studi sull’uomo, senza poi dimenticare gli scrittori e loro opere, sempre piene di dilemmi a cui dare risposte, sino ad arrivare alla psicoanalisi e quindi a Freud ove per la prima volta si è posto l’accento su un qualcosa che è presente nell’apparato psichico ma che poco ha a che fare con la coscienza: l’inconscio. Jung invece contribui molto nel porre l’accento sulla dialettica tra la coscienza e l’inconscio (funzione trascendente, immaginazione attiva, etc).
Cosa è la coscienza ai giorni attuali
Con gli strumenti che la tecnologia (TAC, Risonanza, etc) ci mette a disposizione, è possibile ‘vedere’ il cervello in azione; grazie alla neurofarmacologia siamo riusciti a comprendere i processi neurobiologici e grazie all’interazione multidisciplinare oggi comprendiamo meglio il perché dei nostri comportamenti e delle nostre capacità cognitive.
Coscienza e morte apparente
In merito alla coscienza esistono altri studi relative al cosa accade in caso di morte apparente e di ritorno in vita. Si è sempre sentito parlare di morte clinica e di ritorno in vita. Bene, nel caso di morte clinica, tutti i parametri vitali spariscono, di conseguenza anche il cervello smette di funzionare. Alcuni funzionalisti sostengono che la coscienza non è altro che interazione neurochimica.
Morte clinica
In caso di morte clinica, invece la coscienza sembra funzionare. Infatti si moltiplicano le esperienze di chi ‘torna’ e racconta cose. Molti studi scientifici rilevano che il 10-20% dei soggetti che hanno subito un arresto cardiaco riportano notizie ben precise del loro arresto. Il loro pensiero è lucido e ben strutturato.
Quindi, come dicevamo sopra, mentre non dovrebbe esserci attività cerebrale, sembra invece che ce ne sia e che anzi, il livello della coscienza sia elevato, nonostante il paziente sia clinicamente morto (EEG piatto) ovvero si rileva un’assenza totale di attività. Non resta che concludere che la mente e la coscienza funzionano ancora, anche se il cervello ha cessato di funzionare.
Sembrerebbe, in armonia con filosofi e alcuni scienziati, che sia possibile sostenere che sia la mente che la coscienza, potrebbero situarsi al di fuori del cervello che funzionerebbe solo come ponte o traduttore. Un pò come fa un link in un articolo, che rimanda ad un altro. Se il primo articolo sparisce (il cervello muore) l’articolo del link continua ad esserci e può essere ri-linkato da altri articoli.
La coscienza e il bit
In ambito più tecnico, dobbiamo ad un ricercatore italiano , Giulio Tonioni, un studio che ha permesso di definire la coscienza sotto forma di bit (un byte è formato da 8 bit). Lo studioso sostiene che sarebbe possibile ‘misurare’ la coscienza in termini di bit, che poi altro non è che un’unità minima di informazione.
In quest’ambito, il ricercatore introduce il concetto di “Informazione integrata”, evidenziando due caratteristiche relative alla complessità e al livello di integrazione.
Questo approccio però non spiega molto perché la complessità della coscienza è tale da prestarsi poco a questo modello. Però vi sono molti altri approcci sperimentali e si spera che integrando tutti questi diversi approcci prima o poi si giunga ad una teoria utile.
Personalmente e per quanto possa valere faccio fatica a pensare alla coscienza (che per me è un continuo flusso vitale) come un mero schedario di dati.
Coscienza e fisica quantistica
La coscienza come entità del cervello. L’insigne matematico Roger Penrose, sosteneva nel 1989 questa ipotesi, andando oltre affermando che la coscienza altro non è che il prodotto di effetti di tipo quantistico.
Filosofi e scienziati criticarono molto questa ipotesi ma molti studi scientifici hanno dimostrato invece che l’ipotesi era assolutamente vera.
Insieme a Stuart Hameroff, Penrose scrisse un altro articolo, anche sulla base di altri studi e prove scientifiche, ove ribadisce che la coscienza sarebbe basata su vibrazioni quantistiche nei microtubuli all’interno dei neuroni cerebrali.
Tali vibrazioni sono state, da più ricercatori, osservate nel cervello. Penrose sostiene che tutte le ipotesi presenti nella sua teoria sono state confermate dalle osservazioni. I due scienziati osservano la presenza di molte altre cose che al momento non trovano spiegazioni come ad esempio specifici ritmi dell’EEG.
Penrose conclude che la teoria potrebbe mettere d’accordo due correnti di pensiero: la coscienza come un prodotto dell’evoluzione, oppure come una proprietà dell’Universo (il link di cui parlavamo sopra?), preesistente alla coscienza umana.
Insomma, mistero era e, al momento, mistero rimane.
Vibrazioni quantistiche – alla base di questo ragionamento ci sono molti esempi, tutti rigidamente dimostrati ove si afferma che la materia non esiste perchè tutto sarebbe vibrazione. Se una sedia non si sfalda sotto di noi, pur essendo fatta al 99,99% di vuoto è perchè vibra ad una determinata frequenza.
Per questa scoperta Max Plank vinse, nel 1918 il nobel per la fisica.