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In questa pagina, Scena primaria, Sincronicità, Senex, Simbolo, Sistema limbico, Sogni, Sviluppo, Somatizzazione, Sublimazione
Scena del rapporto sessuale dei genitori, osservata o supposta, in base a taluni indizi ed elaborata fantasticamente dal bambino. In generale, essa è da lui interpretata come atto di violenza da parte del padre.
Ripetute esperienze che sembravano indicare come gli eventi non obbediscano sempre alle leggi di tempo, spazio e causalità hanno portato Jung a indagare su cosa potesse andare al di là di queste regole. Sviluppò da qui il concetto di sincronicità, che definisce in vari modi: (a) come “principio di nessi acasuali”; (b) in riferimento a eventi correlati in modo significativo ma non casuale (cioè senza coincidenza spazio-temporale), ma paiono avere, inoltre, connessioni psicologiche significative; (d) come ciò che collega il mondo psichico con quello della materia (che negli altri scritti di Jung sulla sincronicità coincide spesso, ma non sempre, con il mondo della materia inorganica).
Jung ha cercato di dare una dimostrazione del principio di sincronicità esaminando le possibili corrispondenze tra segno astrologico di nascita e scelta del partner coniugale. Giunse alla conclusione che non vi erano correlazioni di tipo statistico, ma che il risultato non era nemmeno casuale.
Di volta in volta Jung ha applicato la sincronicità ad una vasta gamma di fenomeni che forse andrebbero considerati, più correttamente, come fenomeni psicologici o parapsicologici, quali per esempio la telepatia. Tuttavia, la maggior parte delle persone ha avuto esperienze di coincidenze significatiche o ha individuato, nelle proprie vicende, una qualche tendenza apparentemente diretta ad un fine; e in relazione a questo tipo di esperienza che l’ipotesi di Jung sulla sincronicità può avere una rilevanza diretta a livello personale. Jung suggerisce che i fenomeni di sincronicità possano manifestarsi con maggiore evidenza allorquando si dà un livello di coscienza basso. Quello che allora succede può avere valore terapeutico in analisi, convogliando l’attenzione su certe aree problematiche che, essendo inconsce, possono non essere state toccate fino a quel momento. Ricordarsi del principio di sincronicità protegge l’analista da un duplice pericolo: da un lato la sensazione che tutto sia dovuto al destino, dall’altro il ripiegare su spiegazioni puramente causali che servono soltanto a ridimensionare l’esperienza del paziente invece di permettergli di operare in direzione del mutamento. L’esperienza sincronistica ha luogo quando due tipi di realtà (interiore ed esteriore) si intersecano.
Un concetto archetipico, attinente alla psicologia dello sviluppo. Termine latino per “(uomo) vecchio”, da non confondersi però con “vecchio saggio”. Viene usato in psicologia analitica per designare una personificazione di certi tratti psicologici generalmente attribuiti agli anziani, seppure anche i lattanti possano presentare dei tratti senex; essi sono equilibrio, generosità verso gli altri, saggezza, lungimiranza. Si parla spesso del senex in contrapposizione al puer aeternus . Se la patologia del puer può essere descritta in termini di audacia che sfocia nella temerarietà, sovrabbondanza di ottimismo, idealismo e voli dell’immaginazione, eccessiva spiritualizzazione, viceversa la patologia del senex si può caratterizzare come ultraconservatrice, autoritaria, incapace di sollevarsi da terra, malinconica e carente di immaginazione. Vedi opposti.
La rottura tra Jung e Freud, sul piano teorico, è stata in parte determinata dalla questione di ciò che debba intendersi per simbolo; se il concetto, il suo intento oppure lo scopo e il contenuto.
Jung spiega in questi termini la sua differenza concettuale:”…Quei contenuti coscienti che ci danno degli indizi per accedere al retroterra inconscio sono scorrettamente chiamati simboli da Freud. Non sono tuttavia veri simboli, poichè, secondo la sua teoria hanno semplicemente il ruolo di segni o sintomi dei processi subliminali. Il vero simbolo è qualcosa di sostanzialmente diverso e andrebbe inteso come un’idea intuitiva che non può essere formulata altrimenti o meglio.
In precedenza Jung aveva così definito il simbolo:”…Il simbolo … presuppone sempre che l’espressione scelta sia la migliore indicazione o formulazione possibile di un dato di fatto relativamente sconosciuto, ma la cui esistenza è riconosciuto o considerata necessaria”.
In un altro punto, senza fare specifico riferimento a Freud, Jung esprime apprezzamento per la finezza del simbolo e per la sfida che esso pone: cose che per lu sono molto di più che non la mera espressione di una sessualità repressa o di un qualunque altro contenuto ben definito. Parlando di opere d’arte che sono chiaramente simboliche, scrive:”… Il loro linguaggio pregnante è li a gridarci che esse significano più di quanto non dicano. Possiamo senza esistazione additare il simbolo, anche se non saremo forse in grado di svelarne il significato in un modo che ci soddisfi pienamente. Un simbolo rimane una perpetua sfida ai nostri pensieri e ai nostri sentimenti. Ciò spiega probabilmente perchè un lavoro simbolico sia così stimolante, perchè faccia presa su di noi con tanta intensità, ma probabilmente anche perchè ci offra raramente un godimento di natura puramente estetica.
Insieme di nuclei, di vie associative e di zone cerebrali, che presiede alle espressioni di tipo emotivo-affettivo, controllando quindi i molteplici aspetti del comportamento. Fanno parte del sistema libico la fascia di tessuto corticale disposto attorno all’ilo (regione rientrante della superficie di un organo in cui in genere penetrano vasi sanguigni) degli emisferi e un gruppo di strutture profonde ad esso associate (amigdala, ippocampo).
Jung ha definito il sogno, in termini generali, come “… un’auto rappresentazione spontanea della situazione attuale dell’inconscio espressa in forma simbolica ” Vol 8 pag, 282. Egli vede la relazione in cui il sogno sta alla coscienza come una relazione di tipo essenzialmente compensatorio.
In contrapposizione a Freud, che gli pareva guardasse ai sogni soltanto da un punto di vista causale, Jung invece li considera come prodotti psichici che possono essere visti sia sotto l’aspetto causale, sia sotto quello finalistico (vedi Metodi riduttivo e sintetico, teleologico,punto di vista ).
Il punto di vista causale tende all’uniformità del significato, scrive Jung, alla monotonia del’interpretazione, e induce alla tent azione di attribuire al simbolo un significato prefissato; al contrario il punto di vista finalistico “… vede nella mutata immagine onirica l’espressione di una mutata situazione psicologica. Per essa non esistono significati simbolici fissi….” (O, 8, pag. 264).
Sia Freud che Jung hanno usato, nell’interpretazione dei sogni, il procedimento basato sull’associazione; Jung, però, successivamente, modificò il suo modo di lavorare adottandolo alle sue scoperte del complesso, poichè vedeva nei sogni dei commenti relativi a complessi personali. Alla tecnica dell’associazione aggiunse quella dell’amplificazione, basata sul mito, sulla storia e su altro materiale culturale, onde fornire il contesto più ampio possibile alla interpretazioine dell immagini oniriche e facilitare l’esplorazione del loro contenuto sia manifesto che latente. Jung distingue tra la cosiddetta interpretazione con riferimento al soggetto, in cui le figure oniriche sono considerate personificazioni di tratti presenti nella psiche del sognatore stesso e l’interpretazione con riferimento all’oggetto, in cui le immagini oniriche vengono indagate per quello che sono (per esempio figure di persone che il sognatore può conoscere).
Pur considerando la compensazione un principio fondamentale, Jung sottolinea come l’oggetto della compensazione non sia sempre immediatamente evidente, aggiungendo che pazienza e onestà hanno un ruolo importante nello svelamento degli enigmi di un contenuto onirico. I sogni hanno per lui un aspetto di proiezione nel futuro, sono “…un’inconscia anticipazione di una futura realizzazione cosciente…” Tuttavia raccomanda di considerare il sogno come un abbozzo preliminare, una pianta o mappa tracciata in anticipo e in modo approssimativo piuttosto che una profezia o un insieme di indicazioni.
Le concezioni di Jung sullo sviluppo della personalità comprendono generalmente un processo di sintesi tra fattori costituzionali innati (vedi archetipo) e le circostanze in cui un individuo si trova. Lo sviluppo può essere esaminato dal punto di vista della relazione con se stessi o con gli oggetti o con gli impulsi istintuali. Nello sviluppo coesistono tendenze progressive e regressive e questo movimento non è privo di senso.
Processo psicopatologico che trasforma i disturbi psichici in disturbi organici con manifestazioni dolorose o disfunzionali indotte dalla psiche.
Nella sublimazione, come in tutti i meccanismi difensivi, la pulsione cambia lo scopo o l’oggetto ma, a differenza delle difese patogene, realizza alla fine la sua scarica.
In effetti il punto è proprio questo. I meccanismi difensivi dell’Io, nel tentativo di sfuggire a stati d’animo penosi, solitamente “negano” o “proiettano” o “rimuovono” l’affetto legato alla pulsione, con la conseguenza che la loro carica, controllata dalla controcarica psichica dell’Io, non riesce a manifestarsi e quindi a consumarsi.
Nella sublimazione, invece, la carica legata alla pulsione, dopo un’adeguata trasformazione dello scopo, si consuma in un’attività socialmente accettata e con significati e contenuti adattivi per il soggetto.
Volendo esplicitare meglio quanto abbiamo detto, se si vuole sublimare una pulsione aggressiva è opportuno, intanto, ritirare l’energia dalla pulsione, successivamente attivare un’operazione psichica che possa consumare l’energia delle cariche aggressive attraverso il nuovo processo psichico. In questo modo, attraverso la sublimazione, si può evitare di esibire un comportamento aggressivo canalizzando, per esempio, l’energia della pulsione in un’intensa attività intellettuale. In questo caso l’Io trova comunque il suo soddisfacimento, non già nella gratificazione diretta, ma nel suo derivato pulsionale.
Perché un’operazione del genere sia possibile, gli impulsi pregenitali, sperimentati nell’infanzia, devono essere trasformati in genitalità. E questo perché, mentre gli impulsi pregenitali sono trattenuti dalle controcariche psichiche dell’Io che creano uno stato di arginatura, quelli genitali trovano una canalizzazione libera che consente o la scarica diretta o quella indiretta, dopo la modificazione dello scopo, attraverso appunto la sublimazione.