Foto di Gerd Altmann da Pixabay
Psicoanalisi e trauma
La fondazione e l’evoluzione della psicoanalisi freudiana è strettamente connessa al concetto di trauma.
Freud infatti tra il 1892 ed il 1895 studiando con Charcot, all’Istituto della Salpetrìere di Parigi, fu particolarmente colpito dall’esistenza di diverse forme di isteria traumatiche, dalla sintomatologia variabile, ma accomunate da un unico fattore, quello di non derivare comunque da lesioni organiche che potessero giustificarne l’origine, l’intensità e la persistenza.
I sintomi delle isterie traumatiche presentati dai pazienti ricoverati, soprattutto donne, risultavano derivanti da pregresse esperienze emozionali molto intense, che non erano riuscite a gestire efficacemente nel momento stesso in cui esse erano comparse alla coscienza e la cui carica energetica, accumulatesi nel corpo, risultò essere bloccata ed andare ad alimentare così i sintomi stessi, che si presentavano in modo multiforme e che era poi difficilissimo superare.
Psicoanalisi e trauma – isterie traumatiche
In realtà anche secondo Charcot, così come poi secondo Freud, fu possibile fin da subito riscontrare sintomi di isterie traumatiche anche negli uomini, ma fu la loro collocazione sociale contemporanea a non permetterne la divulgazione che avrebbero meritato.
Infatti l’uomo allora era l’unico membro della famiglia a lavorare in ambiente sociale, mentre le donne erano relegate esclusivamente, a parte alcune impegnate nel sociale, al ruolo di figlie, mogli e di madri.
Per questo e poiché il termine prescelto per descrivere i disturbi oggetto di interesse, isteria significava “utero”, l’attenzione ai fenomeni clinici doveva essere differenziata.
Negli uomini con isteria traumatica, poi ri-denominata nevrosi traumatica, si studiavano come fattori scatenanti della psicopatologia quelli di tipo sociale, come gravi incidenti ferroviari, la partecipazione ad un conflitto armato o di altro tipo, mentre per le donne, l’interesse venne spostato su altre cause che andarono poi a costituire il nucleo concettuale dell’elaborazione psicoanalitica.
Per le donne era possibile soprattutto evidenziare cause quali l’esistenza di abusi sessuali compiuti su di loro in famiglia oppure la tragica perdita di un figlio.
Freud tornato a Vienna, iniziò ad utilizzare il concetto di nevrosi traumatica per una vasta gamma di sintomi che pur diversi nelle loro manifestazioni, erano però accomunati dalla psicodinamica della loro formazione.
Di questi sintomi infatti era possibile cogliere l’esistenza di un nesso diretto tra la causa scatenante e l’effetto che ne conseguiva, in tal caso sintomatico.
Poiché quando Freud lavorava allo studio ed alla terapia clinica delle nevrosi traumatiche, era in corso la prima guerra mondiale, gli fu possibile studiare l’oggetto del suo interesse dal vivo, poiché erano moltissimi gli uomini che tornavano dal fronte con una nevrosi traumatica scatenata dall’aver preso parte ad un conflitto armato, sia che fossero stati feriti o avessero visto feriti dei loro commilitoni o cadaveri appartenenti alle file nemiche.
Obiettivo dello psicoanalista viennese era allora cercare di capire quale contributo la psicoanalisi potesse dare alle nevrosi traumatiche scatenate dall’aver vissuto un esperienza traumatica, dove il nesso tra causa ed effetto fosse chiaro.
La sequela dei sintomi presentati da uomini afflitti da nevrosi da guerra era rappresentata dalla tendenza a rivivere continuamente a livello mentale le scene traumatizzanti, a soffrire d’insonnia, ad avere incubi ripetitivi e grave inibizione psicomotoria accompagnata da ansia, agitazione e disturbi dell’umore con irritabilità e spesso disturbi gastrointestinali.
Freud nello studio delle nevrosi traumatiche superò il suo maestro quando formulò una teoria innovativa della psicogenesi di queste disturbi, introducendo il concetto di trauma come base o fattore scatenante di tutte le forme di nevrosi comprese quindi quelle ossessive, fobiche oltre quelle isteriche, da lui rinominate nevrosi da transfert.
Differenze con altre forme di nevrosi
La differenza tra le nevrosi traumatiche e le altre forme di nevrosi è rappresentata dal fatto che nelle prime la causa dell’effetto sintomatologico è evidente ed immediato mentre nelle seconde la genesi del disturbo psicopatologico avviene in due momenti distinti e non è immediatamente rilevabile, neppure ad una indagine clinica.
Nel senso che l’esperienza vissuta, che è possibile ritrovare alla base dei sintomi nevrotici di diverso tipo, viene rimossa dalla coscienza non immediatamente ma solo nel momento in cui l’individuo che vi è stato esposto, elaborandola a livello intrapsichico, ne comprende il significato e rimanendone scioccato, è costretto a rimuoverla nel suo inconscio mentre la sua carica emotiva viene da essa dissociata dando luogo ad una serie di sintomi nevrotici o ad una grave inibizione psicomotoria.
Sarà poi compito dell’indagine psicoanalitica far riemergere alla coscienza l’esperienza traumatica rimossa.
Ciò consente una rielaborazione razionale che si integra con altri contenuti quando, a livello emozionale, siano presenti le risorse necessarie ed una sicurezza affettiva di base per consentirlo
Questo permette che non si crei involontariamente una ulteriore traumatizzazione del soggetto, se i contenuti che emergono superano la sua possibilità di contenerli e di elaborarli, cosa che darebbe luogo a meccanismi di difesa ancora più rigidi di quelli scatenati dall’esperienza traumatica originaria, facendo potenzialmente franare il terreno di sicurezza necessario per elaborare esperienze traumatiche.
L’importanza del trauma
Da Freud in poi la psicologia clinica di diversi orientamenti ma in particolare quella ad orientamento psicodinamico, si è sempre dedicata allo studio dei traumi e dei loro possibili trattamenti psicoterapeutici.
Ma cos’è un trauma? Come possiamo definirlo? L’etimologia greca della parola trauma ci indica che questa parola significa “ferita”, lacerazione, rottura violenta.
Nella psicologia clinica attuale vi è stato invece uno spostamento, per cui il senso della parola trauma è stato trasferito all’esperienza, che provoca quella lacerazione o ferita. Che è chiaramente una ferita dell’Anima.
La definizione attuale di trauma prende chiaramente le mosse da quella che originariamente venne data da Sigmund Freud.
Freud considera infatti come traumatica una situazione, isolata o ripetuta nel tempo che, producendo un surplus di eccitazione psichica, provoca una profonda lacerazione nel precedente assetto elaborativo dell’individuo, richiedendo la necessità di una ristrutturazione che a sua volta potrà richiedere una riorganizzazione delle difese che, per garantire la sopravvivenza psicologica dell’individuo, si orienteranno in senso psicopatologico.
Così, anche se nel modello classico delle nevrosi, la principale difesa sarebbe la rimozione, in una situazione del genere, di tipo traumatico, la difesa utilizzata potrà invece essere la dissociazione.
Un trauma, ogni trauma, disorganizza l’esperienza psicologica in corso del soggetto e gli richiede, per continuare ad avere un senso di continuità e di identità coerente di sé stesso e del mondo circostante, di rielaborare in continuazione le trame difensive della sua vita che egli deve scrivere per garantirsi un assetto psicologico sufficientemente stabile.
Per comprendere questo aspetto partiamo dall’attuale definizione di trauma, quella maggiormente condivisa dalla comunità scientifica.
Trauma secondo la definizione attuale
Si parla di trauma, in relazione ad un evento o esperienza inattesa ed improvvisa, che violentemente irrompe nella coscienza ed interrompe la continuità esperienziale e l’assetto psichico dell’individuo, eccedendo la sua abituale possibilità e capacità di previsione e di gestione emozionale della stessa. Esso non è gestibile dalla propria intenzionalità.
Il trauma è perciò un momento di rottura o lacerazione dell’esperienza soggettiva ed in tal senso esso rappresenta una vera e propria minaccia per la stessa integrità della coscienza della persona. Caratteristico del trauma è infatti l’impossibilità di essere integrabile nel precedente vissuto psicologico ed emotivo dell’individuo.
L’esperienza traumatica, non essendo gestibile a livello intenzionale ed essendo emotivamente troppo carica, può provocare meccanismi di difesa arcaici e potenti.
Può infatti accadere che l’evento traumatico venga dissociato, cioè separato dalla coscienza, frammentato, provocando nella persona che lo ha vissuto un disturbo dissociativo.
Caratteristiche dell’evento trauma
In psicologia si definisce quindi come trauma, un evento che ha implicato lesioni gravi, minaccia di morte o alla integrità propria o altrui, particolarmente di persone a cui si è legati da vincoli di parentela o stretti legami di amicizia ed a cui si sia dovuto assistere impotenti e provando intense emozioni di paura o di orrore.
Impotenza a reagire al trauma
E’ proprio l’impotenza a generare il trauma e non il dolore come talvolta si crede.
Dopo aver vissuto un’esperienza traumatica, la persona prova una sorta di anestesia emozionale (che ha funzione protettiva), una diminuita capacità percettiva rispetto agli stimoli ambientali che con facilità possono suscitarle la sensazione di essere stordita.
Depersonalizzazione e derealizzazione
Inoltre assistiamo anche a vissuti di depersonalizzazione e derealizzazione tipici dell’ansia acuta da panico a cui si associa un’amnesia dissociativa, relativamente al ricordo di qualche aspetto particolarmente drammatico dell’evento o rispetto al quale non si era in possesso, in quel momento, di alcuna difesa adeguata a fronteggiarlo e con il quale quindi, la persona non è in grado temporaneamente di confrontarsi.
Iperattivazione SNA
Altri sintomi scatenati dall’impatto con una esperienza traumatica sono il persistere di una iperattivazione del Sistema Nervoso Autonomo con una sequela sintomatologica che va dalla tachicardia alle palpitazioni al respiro corto ed affannoso, all’irritabilità ed ansia estrema, una riduzione delle capacità di concentrazione connessa anche alla facile tendenza allo stordimento in rapporto con gli stimoli ambientali che si riscontra nella persona traumatizzata.
La persona che ha vissuto un’esperienza traumatizzante prova difficoltà ad intrattenere le precedenti relazioni sociali e familiari che possono esserne seriamente compromesse.
Perdita delle funzioni sociali
Ugualmente, può verificarsi una perdita di funzioni sociali prima presenti ed una diminuzione, anche grave e severa, della motivazione a compiere i normali atti della vita e le azioni che precedentemente al trauma, risultavano piacevoli ed erano quindi attivamente ricercate dall’individuo, che nel periodo post traumatico, invece le evita.
Principali eventi traumatici
Quali sono i principali eventi traumatici che provocano un Disturbo Acuto da Stress ed un Disturbo Post Traumatico da Stress?
I principali eventi traumatici, che provocano sentimenti di orrore e paura e impotenza sono:
- la violenza sessuale, l’essere tenuti in ostaggio o prigionieri ed essere incarcerati (come in campi di concentramento oppure in reparti di isolamento per lunghi periodi di tempo).
- Essere rimasti vittime di catastrofi e calamità naturali come alluvioni e terremoti, incendi ed incidenti stradali a cui si è sopravvissuti o assistito impotenti.
- Aver vissuto o assistito a ferimenti e lesioni o a morti violente, oppure a combattimenti o guerre o essersi ritrovati in particolare in modo improvviso ed imprevisto, davanti ad un cadavere o a parti dello stesso.
Riassumendo, un disturbo acuto da stress o un post traumatico da stress colpisce le persone che hanno vissuto l’esperienza di un evento traumatico che ha implicato gravi lesioni, morte, minaccia di morte o dell’integrità fisica propria o altrui.
Ciò che genera il trauma non è l’evento in sé ma la riorganizzazione repentina delle difese che esso richiede.
A cura della d.ssa Elisabetta Lazzari