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La realtà soggettiva e oggettiva
La realtà soggettiva e oggettiva. Nel 1900 Freud dava alla stampa la sua ‘Interpretazione dei sogni’ e, sempre in quell’anno, Max Planck, nel corso di una sua relazione, sosteneva che gli scambi di energia avvengono non in modalità continua (linea retta) ma in modalità discreta (linea fatta di trattini o puntini); nasce la fisica quantistica.
Da allora la percezione dell’universo cambia radicalmente, infatti’uomo non è più in grado di avere una conoscenza reale del mondo (di newtoniana memoria) dal momento che è caratterizzato dalla indeterminatezza e dall‘indeterminabile.
Le particelle subatomiche costituiscono i corpi materiali che vediamo quotidianamente. Questi corpi interagiscono nel mondo che conosciamo seguendo regole della fisica classica mentre le particelle subatomiche secondo le regole della fisica quantistica.
Spesso ci si trova a dover gestire un conflitto e per descriverlo abbiamo usato parole improprie (non volevo dire questo…) nel tentativo (vano) di descrivere una certa realtà di cui ci mancano i termini appropriati. Vorremmo descrivere una realtà senza trovare le parole giuste.
Diviene determinante verificare il punto di osservazione, perché se è errato, non ci è consentito cogliere pienamente il vero senso di ciò che vorremmo dire.
Prendiamo ad esempio la funzione d’onda e il suo collasso.
Se vogliamo misurare o osservare lo stato del sistema subatomico, in quel momento, lo stato si colloca in un contesto di ‘sovrapposizione’ ove tutti i possibili stati coesistono (nuvola di probabilità);
se misuro (osservo) il sistema, questi ‘collassa’ in uno stato ben preciso. Da onda diviene particella.
Quindi abbiamo la situazione ove questo ‘quanto’ può essere onda, oppure particella.
Traslando questo fenomeno in un discorso meno fisico, potremmo forse dire che la funzione d’onda è una realtà oggettiva (onda) oppure soggettiva (particella)?
Proviamo a tradurre questo paradosso in un contesto filosofico, mentale e quindi non fisico:
Stiamo seduti sul nostro divano e non poniamo attenzione al mondo esterno come ad esempio a ciò che succede in strada.
Cosa succede in strada mentre non osservo fuori? Non lo sappiamo, è un fatto oggettivo, è una nuvola di probabilità. Accade di tutto ma per noi è come se non accadesse nulla dal momento che non osserviamo.
Se invece ci alziamo e guardiamo fuori, potremmo osservare che ad esempio, il portiere parla con l’amministratore, oppure che sta passando un pullman, etc.
Quindi, solo nel momento in cui osservo fuori dalla finestra, la realtà da oggettiva, diviene soggettiva.
Vediamo questo ‘osservare’ dal punto di vista dell’ansioso e del depresso. Cosa vedono loro?
La realtà dell’ansioso
L’ansioso, non vive mai nel presente, si colloca sempre nel futuro. Si interroga su tutto, e davanti ad ogni ragionamento pone sempre il se.
Vediamo dal punto di vista grammaticale le varie possibilità che offre il se.
Abbiamo 3 possibilità:
- Periodo ipotetico della realtà:
- Se perdi il treno, arrivi in ritardo;
- Periodo ipotetico della possibilità:
- Se venissi a cena con me, ti divertiresti.
- Periodo ipotetico della irrealtà:
- Se fossi arrivato prima, avremmo pranzato insieme.
Quale formula usa l’ansioso? Partiamo da un assunto di base: l’ansioso segue sempre lo stesso meccanismo: ha sempre il pensiero di un pericolo, oppure di una difficoltà (se svengo; se perdo il treno; se cade l’aereo; se perdo il lavoro; …) perennemente in agguato, e la certezza di non essere in grado di affrontarlo.
Quindi, dal punto di vista grammaticale, l’ansioso rientra nel punto 2, ovvero il periodo ipotetico della possibilità.
L’ansioso quindi ha teoricamente ragione.
Ma se gli chiedi: ‘quante volte è accaduto ciò che temevi?’
La risposta immancabilmente è :’MAI! (salvo rarissime eccezioni).
Quindi nei termini della funzione d’onda, l’ansioso è come quella nuvola di probabilità ove accade tutto il possibile, in tutti i possibili mondi paralleli o multiverso, tranne quello in cui vive.
‘Se vado da solo alla Coin, potrei svenire davanti a tutti’, dice l’ansioso. In realtà non sviene mai, non è mai svenuto, ma in un mondo parallelo, esiste anche quella possibilità ma non in quello in cui vive, nel presente.
Quindi l’ansioso CREDE, in quella rarissima possibilità e condiziona la sua vita (e quella degli eventuali congiunti) su quella ipotetica evenienza.
Verrebbe da chiedersi: Ma perché l’ansioso è ansioso? Chissà se l’articolo risponde a questa domanda.
La realtà del depresso
Il depresso, invece, fa esattamente l’opposto. Vive perennemente nel passato.
I suoi pensieri sono caratterizzati da una eccessiva negatività verso se stessi.
Il depresso vede gli altri come più attraenti di se stesso; gli altri hanno più successo, sono più belli, più intelligenti, … contrariamente al pochissimo valore che attribuisce a se stesso.
La sua vita è caratterizzata, a suo dire da una successione continua di errori.
Tutto ciò che è stato fatto poteva essere fatto meglio (dimenticando che quello che facciamo in un dato momento è certamente la cosa giusta, proprio perché è quello che abbiamo fatto ed è irrilevante il fatto che si poteva fare altro.
La funzione d’onda, tra le mille possibilità, è collassata in quella decisione.
Il futuro viene percepito come minaccioso e il passato tutto da rifare e ogni cosa da fare è percepita come difficile se non addirittura impossibile e spesso ha la percezione di non riuscire a portare a termine gli impegni presi.
Quindi il depresso CREDE, in tutto quello che pensa e la sua vita diviene ciò che vede, anche a dispetto del fatto, che sul lavoro esegue benissimo le sue mansioni, gli amici lo apprezzano, etc.
Lui crede in ciò che pensa e questa diviene la sua realtà soggettiva anche se quella oggettiva può essere diversa.
Verrebbe da chiedersi: Ma perché il depresso è depresso? Chissà se l’articolo risponde a questa domanda.
Perché crediamo in quello che crediamo?
Friedrich Nietzsche, nel suo: Al di là del bene e del male (1886), fa un’osservazione profonda e celebre, ovvero:
‘Chi combatte contro i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. E quando guardi a lungo in un abisso, anche l’abisso ti guarda dentro.’
Ecco ciò che succede nel momento in cui ci guardiamo dentro. Abbiamo osservato cosa vede l’ansioso e cosa il depresso senza citare invece cosa vede l’ossessivo.
Tutti questi devono fare i conti con i propri mostri, e i loro pensieri esprimono appieno e nelle modalità che abbiamo visto, questi mostri.
Le persone ‘normali’, sono prevalentemente posizionate sul presente, progettano il futuro facendo tesoro di ciò che hanno appreso nel passato ma non ‘guardano’ nell’abisso del passato per torturarsi nel presente, oppure non guardano nell’abisso del futuro (che non c’è) per privarsi una vita presente priva di ansie e paure.
Cosa fanno le persone, tutte, al mattino quando si svegliano?
Fanno esattamente ciò che devono fare, facendolo anche bene solo che, ansiosi, depressi e ossessivi sono continuamente braccati dai mostri.