Articolo della dott.ssa Francesca Romano , che ospito molto volentieri
Aspetti simbolici nell’uso della voce
” I primi uomini erano esseri sonori, luminosi e trasparenti che
planavano sopra le acque. Solo a partire dal momento in cui
cominciarono a posarsi sulla terra e a mangiarne i prodotti i
loro corpi divennero pesanti e opachi.
Della loro natura restò solo la voce”.
(M. Schneider)
Alla tradizione degli sciamani delle Americhe appartiene molto probabilmente la prima espressione di canto salutare, un lamento monodico il cui ritmo si basava sulla respirazione e sul battito cardiaco. Fra gli indios Pieroa dell’Amazzonia “l’uomo di medicina” trattava molte malattie con un canto sommesso e ripetitivo al ritmo di un sonaglio. Nel Talmud ebraico si trova menzionato un canto capace di proteggere dalle epidemie. Per i sacerdoti egiziani “l’emissione della voce era un processo che generava campi sonori le cui vibrazioni si identificavano con il principio che genera oggetti e forme”.
Sulle vibrazioni si era espresso Pitagora, che convinto che le strutture fisiche e mentali avessero una precisa e matematica origine nelle vibrazioni, considerava tutte le forme fisiche come manifestazione del suono. Seguendo Pitagora, lo scienziato e fisico tedesco Ernst Chladni che studiava la scienza della Cimatica (ossia l’energia delle onde), dimostrò che le onde sonore creano delle figure e che la forma di quella figure dipende dall’altezza delle note.
Nel corso di ulteriori esperimenti e ricerche condotte da studiosi quali Guy Manners, Hans Jenny, Itzac Bentov è emerso il concetto secondo il quale nel nostro corpo fisico ogni atomo ha una propria frequenza naturale e che tessuti e fluidi si mantengono in base al principio della risonanza a alla conseguente interazione degli armonici. Sono stati individuati cinque sistemi risonanti nel corpo: sistema cuore-aorta; oscillazioni del cranio; onde nei ventricoli; corteccia sensoria: campo magnetico in ciascun emisfero; da essi derivano altri suoni (quelli che il feto ascolta nel grembo materno) come quello della circolazione del sangue, del sistema nervoso, della respirazione del sistema digestivo, delle pulsazioni del cuore e dei movimenti delle ossa.
Ma è del secolo scorso la grande attenzione al potere del suono e del canto: le ricerche e gli studi condotti negli Stati Uniti dall’American Academy of Neurology, indicano il canto come possibile terapia per casi di dislesssia, autismo, Alzheimer e Parkinson. Si sottolinea che le nostre funzioni mentali, emozionali e sensoriali sono codificate nella voce in modo determinato proprio come lo sono le informazioni nei nostri geni. Alcuni patologi suggeriscono che canticchiare a bocca chiusa e cantare ripuliscono il cervello stimolandone il “drenaggio”. Le vibrazioni della laringe e l’aria nel tratto vocale sono trasmesse parzialmente nel cranio massaggiando così il cervello. Tale massaggio permette un maggior fluido di liquido cerebrospinale attraverso il cervello e aiuta a rimuovere materiale di scarto. Se in Francia gli studi dell’otorinolaringoiatra A. Tomatis sottolineano che il canto agisce sul sistema nervoso e regola la pressione e il battito cardiaco, in Svizzera sono state condotte ricerche sperimentali volte ad osservare le dinamiche che intercorrono tra le variazioni dell’intensità del suono vocale e le variazioni dei dati di risposta bioenergetica dell’organismo umano. Il gruppo di ricerca ha osservato processi di bio-risonanza a cui collega principi di medicina quantistica ed elementi di psicologia Vedica sulla natura del suono.
Alla luce degli studi a cui abbiamo accennato, non ci si può non chiedere quale effetto abbia il suono sulle minime strutture cellulari ed atomiche: nel nostro organismo ogni molecola vibra, ogni particella e ogni elemento del corpo risuona con frequenze esterne provenienti dalla natura, dalla terra, dall’atmosfera e che provvedono al nostro equilibrio vitale. Nel dialogo tra corpo e psiche il suono della voce può intervenire sulla fluttuazione delle vibrazioni e può sbloccare, trasformare e riequilibrare.
La vibrazione della voce è stato il punto di partenza della mia ricerca ed è l’elemento chiave del mio attuale metodo di lavoro che nasce da un percorso personale e che si basa sui seguenti presupposti:
1) il canto – e in special modo il canto lirico di cui spiegherò più avanti – prende corpo da appoggi anatomici che hanno significati simbolici;
2) l’ascolto – attraverso l’orecchio quale strumento di percezione uditiva e incredibile complesso neurotico – è la principale guida nel canto e rappresenta il ponte che conduce a sé e agli altri, via d’accesso per l’interiorizzazione e l’espressione.
3) il respiro naturale – ossia quel meccanismo che ci abbandona nell’età pre-scolare per lasciar posto a contratture e chiusure – nel canto ritrova il suo ritmo ancestrale in una struttura corporea composta di ossa, acqua e aria perciò vibrante come uno strumento musicale.
Dunque la laringe al passaggio dell’aria vibra e fa vibrare la colonna vertebrale che mobilita il corpo intero in una dinamica in cui il canto diventa espressione autentica di libertà interiore.
Sottolineo il belcanto perché il cantante lirico utilizza ossa e muscoli del proprio corpo in modo funzionale. Infatti la propagazione ossea del suono e l’azione dinamica dell’intreccio muscolare attraverso l’utilizzo dell’aria consentono di sviluppare potenzialità della voce che l’essere umano non conosce. Accade che il corpo si apre per consentire all’aria di fluire e alle corde di….mettersi a cantare! Mi soffermo sull’utilizzo dell’aria in quanto credo che sia un punto cruciale riguardo ai collegamenti fra canto, psiche e fisiologia del corpo. Il cantante lirico usa l’aria in modo diverso delle persone”normali”, acquisisce una padronanza dei muscoli pelvici e lombari la cui apertura consente di percepire il tratto perineale, punto di contatto e di maggior pressione specialmente durante l’emissione dei suoni acuti. Attraverso percezioni e immagini, eufemismi ed empirismi, la via al canto può condurre ad una maggiore stabilità del proprio sé, nella scoperta e riconoscimento della propria identità.
E’ il caso di Gina, una donna di 65 anni che, dopo aver visto morire la madre investita da un’auto, viene colpita da un tumore al seno e attraversa un periodo delicato della sua vita in cui la voce retrocede inesorabilmente fino a diventare flebile e fioca. La donna consulta otorinolaringoiatri, foniatri, segue terapie logopediche presso strutture ospedaliere e centri privati ma nulla accade, la voce non torna e Gina, rassegnata, smette di cercare una cura e una causa.
Il nostro incontro avviene tramite una sua amica che, a conoscenza del mio metodo di lavoro, incoraggia Gina a provare. Nel primo incontro parlo con la donna dello strumento-voce-Gina e della possibilità di scoprire i ritmi e le variazioni e le risonanze vocali.
Non è affatto scontato che proporre di cantare venga accolto con semplicità e curiosità: spesso la parola canto innesca meccanismi di paure, inibizioni, timori di vario genere e allora ritengo sia meglio usare il termine voce.
Così il primo periodo è utile per accogliere i timori e aggirarli “giocando” con la voce.
Vocalizzi picchettati, legati, a bocca chiusa, con le vocali e brevi melodie come la ninna nanna che cantava da piccola e canzoni legate alla sua giovinezza. Col canto emergono ricordi ed emozioni legate alla madre, all’infanzia e all’adolescenza vissute a Napoli in una famiglia in cui suoni, canti e strumenti musicali, segnavano momenti e tappe importanti da un punto di vita emotivo ed affettivo.
Ricordi e commozioni caratterizzano il lavoro iniziale e pian piano la voce di Gina si allena con gli esercizi sul fiato e i suoni a bocca chiusa che le procurano benefici a livello muscolare e circolatorio. Ma la tappa più importante del percorso è stata la proposta dei vocalizzi picchettati
( che permettono alle corde di vibrare in modo naturale ed immediato senza tensione alcuna) con una variante particolare: dell’arpeggio di cinque suoni da cantare con la vocale U, dovrà evitare di cantare il primo, lo penserà soltanto.
L’idea mi nacque dall’osservare le forti tensioni al collo di Gina durante il canto: la possibilità di non cantare la prima nota le ha immediatamente consentito di rilasciare contratture e di conoscere la sensazione di “gola aperta” e benessere al collo che fino ad allora percepiva sempre “attorcigliato”. In seguito ho iniziato ad utilizzare il lavoro di “spostamento fisiologico della voce “, ossia l’immaginare che la voce nasca da un altro distretto corporeo ( per esempio la gabbia toracica) cantando liberamente, mentre il corpo, col suo gioco muscolare, diventa strumento che vibra.
Nel lavoro con Gina, continuavano ad emergere emozioni, ricordi ed immagini che risulta sempre molto interessante elaborare e “ri-vedere” in uno spazio successivo dedicato alla verbalizzazione.
Intanto Gina, che aveva fatto progressi nella voce e nell’uso del respiro ma che sembrava stare meglio anche da un punto di vista psicologico, decide di contattare un celebre foniatra di Torino perché ancora teme che la voce non potrà tornare completamente anche a causa della chemioterapia subita. Io ero convinta che al di là dei progressi, il problema di fondo era costituito da paure inconsce e timori legati a nuove percezioni di sé che il lavoro sulla voce andava a toccare. L’esito della visita fu positivo: le corde hanno ripreso la loro vibrazione periodica, la laringe è perfetta e nessuna radiazione ha intaccato l’organo fonatorio. E’ l‘aspetto psichico da ricondurre alla voce, il problema.
Questo evento rassicurò Gina e la rese maggiormente consapevole del lavoro che stava facendo con me, nel quale riscontrava benefici attraverso quelle sensazioni di apertura e di energia date dai momenti di ri-contatto con la sua vera voce. Dal mio punto di vista ritenevo ormai indispensabile un supporto psicologico per la donna che mostrava chiaramente un blocco di tipo emotivo il cui sintomo più evidente era proprio nel retrocedere della voce accompagnato ad una inibizione generalizzata.