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Importanza del dolore in psicologia

Il dolore in psicologia
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Foto di agnesliinnea da Pixabay

Importanza del dolore in psicologia dal punto di vista della psicosomatica

L’importanza del dolore in psicologia dal punto di vista della psicosomatica, ci permette di osservare meglio l’interazione tra il corpo e la mente.

In altri termini, l’influenza che le nostre sofferenze interne, quindi di natura psicologica,  riflettono sul corpo.

Spesso accade che nelle reazioni psicosomatiche il soggetto nega la propria sofferenza interna e attribuisce il dolore corporeo di qualsiasi natura a fattori non psicologici.

Tali soggetti, non elaborano in modo opportuno gli eventi psicologici che molto spesso stanno alla base del dolore corporeo.

In termini molto generali il dolore, come l’ansia, è un segnale di allarme di fronte ad un qualche danno del sottosistema somatico.

Il dolore è caratterizzato dal fatto di essere comunicato dal sistema nervoso tramite i recettori specializzati allo scopo.  Se riceviamo un colpo alla mano, i recettori inviano al cervello un messaggio di dolore ben preciso.

Esistono persone che hanno una soglia del dolore molto alta (alcuni addirittura sono incapaci di sentine) e questo spesso rappresenta un pericolo enorme per questi soggetti.

Il dolore quindi è un messaggio molto importante che ci mette nella necessità di proteggere la parte dolorante.

Un altro fattore rilevante, in merito alla sopportazione del dolore, viene rappresentato dalla capacità che il soggetto ha di comprendere le cause e di prevederne le eventuali conseguenze.

Ecco quindi che un dolore che parte dalla zona dov’è situato il cuore sarà percepito diversamente dal quello che viene da un piede, anche se in questo secondo caso il dolore è significativamente più forte del primo.

In questo contesto, quindi, ha una certa rilevanza l’ambiente socio culturale di appartenenza, soprattutto nei primi anni di vita. Si pensi ad esempio, estremizzando, a quelli ambienti dove esistono riti di iniziazione che possono anche essere dolorosi ma che l’iniziato deve sopportare.  

Ma ciò che mi preme esprimere in questo articolo si riferisce a tutti quei casi ove manca la consapevolezza che gli eventi dolorosi della vita (perdita del lavoro, perdita di una persona cara, fine di una relazione, …) possano avere ripercussioni negative sull’organismo (mal di testa, stanchezza, dolori al cuori, problemi respiratori, eruzioni cutanee, …).

Un esempio tipico può essere rappresentato dalla constatazione di un attacco di ipertensione e di non capirne le ragioni (e pochi giorni prima è stata interrotta una relazione amorosa significativa).

L’interruzione della relazione, può essere stata molto stressante e potrebbe aver creato un aumento del cortisolo (ormone dello stress) che a sua volta potrebbe aver determinato un picco ipertensivo.

Questa persona, quindi, potrebbe, nell’ottica psicosomatica, avere qualche difficoltà nel compredere il suo ‘star male’ e potrebbe, non comprendendone le cause, aggravare il suo stato.

Chi ‘funziona’ in questo modo, potrebbe sviluppare nel tempo una sintomatologia psicosomatica.

Se ad esempio, lavoro tantissimo e alla fine mi viene il mal di testa, quel dolore dovrebbe essere interpretato come un campanello di allarme che mi invita a fermarmi. Se invece, tendo a ignorare questo messaggio (chiaro e forte) corro il rischio di innescare una serie di meccanismi che potrebbero aggravare la mia salute.

Se imparo a interpretare lo ‘star male’ secondo un modello psicosomatico, metto al riparo l’organo, che privato dello stress intenso, evita la disfunzione dell’organo stesso

Condizionamenti sociali e psicologici

Viviamo in un contesto psicosociale ove i condizionamenti forgiano la nostra personalità. Tali condizionamenti, e molti studi lo dimostrano, determinano malattie e disturbi fisici specifici anche se cambiano da persona a persona.

Il disturbo psicosomatico si rileva maggiormente in quelle persone che tendono ad elaborare le emozioni attraverso processi di mentalizzazione, ovvero, attraverso processi di pensiero, fantasie, …

Freud si è espresso in modo preciso  in tal senso, sostenendo che chi soffre di disturbi psicosomatici, scatenato dal disturbo psichico, ha un conflitto tra il desiderio e l’impossibilità della sua soddisfazione o dalla difficoltà di realizzarlo.

Sempre secondo la psicoanalisi, tutto i processi si basano sul principio di carica (creazione del desiderio) e scarica (sua soddisfazione).

Se il processo di scarica non si realizza (per un impedimento), il sistema rimane in carica senza possibilità di sfogo. Se lo stato persiste, si cronicizza. La cronicizzazione produce due corazze caratteriali: uno a livello psichico e una a livello muscolare. Il risultato è che il soggetto opera un controllo delle emozioni e una formidabile struttura difensiva.

Tutta questa serie di processi potrebbero produrre soggetti con rischio cardiaco elevato e  avrebbero queste caratteristiche:

ha sempre fretta, il tempo gli sfugge, lavora in modo esagerato,  si annoia, è impaziente, si irrita facilmente, cerca lo scontro, è impulsivo, ansioso, arrogante, incalzante. Cerca il successo sociale, sempre teso, …

Lo stress genera problemi al sistema endocrino, immunitario (animali continuamente spaventati hanno meno anticorpi degli altri e quindi si ammalano più facilmente), immunodepressione (in seguito alla perdita di un caro, chi rimane potrebbe attraversare un periodo in cui risulta essere immunodepresso), …

La strategia del ‘mandare giu’, quindi, genera solo un dirottamento verso l’interno di problemi che rimangono irrisolti

“Mandare giù”, d’altra parte, ricorda il comportamento dello struzzo: non risolve i problemi ma li dirotta all’interno lasciandoli irrisolti.

 

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