Essere presente sui Social network
Un mio contatto FB mi scrive e mi chiede:
‘Buon giorno dottore, mi aiuta a comprendere la dinamica del retropensiero …. cioè comprendere un aspetto che da tempo mi incuriosisce ma nel contempo infastidisce!! leggendo su FB il pensiero di alcune persone … esprimono concetti morali, politici, economici e personali che sono esattamente il contrario dei loro comportamenti:!! Che spiegazione dare….. ipocrisia? Apparire ciò che non si è? catturare la benevolenza altrui o ancor peggio credere nelle favole che si raccontano da soli? Grazie e a presto!”
Condivido la perplessità e non posso far altro che attestare che accade anche questa cosa. Ma come mai?
Sarà forse la ricerca di una visibilità a tutti i costi? Gente che continuamente aggiorna, modifica il proprio profilo oppure mette ‘mi piace’ a ripetizione oppure li chiede senza scrupoli. Altre invece che cancellano quegli ‘amici’ che non ossequiano con commenti o mi piace tutti i loro post.
Cosa si cela dietro un comportamento così, oserei dire, estremo?
Forse con più mi piace, valiamo di più?
Non credo, o almeno non dovrebbe, dal momento che il vero valore sta solo in noi stessi, ovvero nel valore che NOI attribuiamo a noi stessi.
Marginalmente il consenso ci viene anche da ciò che ci circonda, ma solo noi siamo in grado di capire ciò che siamo, ciò che vogliamo dare, a chi vogliamo dare e di quali energie e risorse potremmo disporre. Tutto questo non viene mai influenzato dal numero dei ‘mi piace’ accumulati.
Visibilità e protagonismo
Viviamo in un’epoca dove il protagonismo ha assunto un ruolo quasi pervasivo. In questi tempi, grazie anche ai social network, è facilissimo essere visibili e misurare il grado di ‘riconoscimento’ che la nostra visibilità ci assicura.
Sembra che oggi si possa esistere solo se visibili e noti. Il povero Cartesio si rivolta nella tomba dal momento che il suo ‘cogito ergo sum’ è stato ampiamente soppiantato dal monitoraggio dei follower e dei ‘mi piace’ perchè: più ne ha, più sei.
Una volta i ‘noti’ erano solo gli attori, i politici tutti coloro insomma che comparivano in foto e in video per ovvie ragioni. Oggi i social network permettono una notorietà che a mio avviso è solo effimera, misurabile nei termini descritti sopra.
E’ facile essere famosi?
Ciò che una volta era praticamente impossibile, oggi diviene di estrema facilità virtualmente per tutti. Oggi molti, vogliono esprimere la propria singolarità (una volta nota solo allo stretto entourage di conoscenze) incrementando la propria visibilità; grazie al suo aumento, nel consegue che aumenta anche il proprio riconoscimento.
Ha fatto molto rumore la frase, oramai storica di Umberto Eco in merito ai social:
«I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli».
Notorietà effimera
Ma in tal modo non si corre il rischio di perdere di vista ciò che si è e in ciò che si crede veramente? Non si corre il rischio di spersonalizzare la reale essenza, a favore di quella notorietà a tutti i costi che forse ci permette di essere presenti sulla scena mediatica magari al prezzo di insopportabili compromessi?
Se entriamo in questa spirale, i compromessi sono la moneta investita per mantenere l’effimera illusione di essere. Si rischia di perdere un valore prezioso, come la propria individualità, solo per esaltare un’immagine di se, necessaria ad incrementare il consenso mediatico.
Bisogno di notorietà
Apparire (in televisione, sui quotidiani, sui social network) somiglia un po’ al bisogno di gloria.
I filosofi sostengono che tutto ciò è la diretta conseguenza di una profonda insicurezza e mancanza di fiducia verso se stessi.
Laddove manca la certezza del proprio valore, si radica la ricerca spasmodica e a tutti i costi di notorietà e consenso. Si fa tutto per stare sempre sul palco, sulla scena, per essere e rimanere sempre protagonisti a tutti i costi, come dicevamo sopra, quindi ci si svende, si tradisce, ci si perde.
Sentirsi riconosciuti
Molti, troppi, hanno la convinzione che la propria vita possa essere inutile. Perché siamo collaboratori, risorse, tutti utili ma nessuno indispensabile. Io valgo quanto qualsiasi altro ergo, sono inutile, non sono riconosciuto, non mi sento riconosciuto.
Essere riconosciuti, dicono sempre i filosofi e gli psicologi, sta alla base della fiducia.
Per ottenere questo, si fanno tante battaglie, ma non sempre il riconoscimento arriva. Il riconoscimento deve arrivare sotto forma di amore, oppure di certezza del rispetto dei propri diritti a tutela della nostra dignità, che ci viene anche dalla certezza di un lavoro che ci permette di sostenere noi stessi e la nostra famiglia e consolidare quindi ciò che siamo.
Quindi, lavoro e amore stanno alla base del riconoscimento; in assenza di queste certezze, si corre il rischio di voler essere protagonisti a tutti i costi per non restare anonimi.
In questo caso, invece di lottare si cede alla tentazione di cercare un’illusione attraverso uno pseudo protagonismo ottenuto attraverso la ricerca di un’apparenza sterile, sbagliata, effimera.
Ci si identifica con infiniti ‘io’, tutti finti e senza struttura.
Restiamo attori che hanno imparato un copione a memoria e che viene recitato anche fuori dal teatro.
Il vero protagonista non recita, agisce e solo nell’azione trova la felicità.