Il complesso edipico
Il complesso edipico, trattato per la prima volta da S. Freud, si riferisce al bambino e alla bambina in un’età che va dai 4 ai 7-8 anni. E’ una fase dello sviluppo psicosessuale umano.
Il complesso edipico – cosa è
Il bambino, alla nascita, viene seguito prevalentemente dalla madre (figura di attaccamento) e da figure secondarie (zie, nonne, padre, etc).
L’Io del bambino fino ai tre anni di età (circa) è totalmente identificato con quello della madre. I genitori e in particolare la figura di attaccamento primario, rappresentano il mondo del bimbo.
Dopo i due, tre anni il bambino comincia a differenziarsi, scoprendo presto di non essere l’unico oggetto d’amore perché appunto, la madre lo divide con il papà. Quindi verso quella età e durante la fase fallica (il bambino, alla scoperta del proprio corpo, realizza che il pene caratterizza l’intimità dei suoi genitori, dalla quale lui però è escluso), si instaura il complesso d’Edipo per i maschietti (e quello di Elettra per le femmine).
Tale complesso spinge il bambino ad essere attratto da sua madre e ad essere ostile nei confronti del padre.
Il complesso edipico – cenni storici
Il complesso edipico (termine coniato da Freud), prende il nome dall’Edipo Re di Sofocle: Edipo viene abbandonato dal padre alla nascita; da adulto Edipo uccide il padre (ignorandolo) e sposa sua madre. Per le bambine, si utilizza anche l’espressione “complesso di Elettra”, coniato da Jung, dal nome della figlia che uccise la madre, Clitemnestra, per vendicare l’uccisione di suo padre Agamennone.
Freud lo indica come una tappa fondamentale nello sviluppo sessuale e nel processo di identificazione sessuale del bambino.
Il complesso edipico – nei maschi
Verso i 2, 3 anni il bambino richiede alla madre maggiori attenzioni, più coccole e tenerezze e con opere di seduzione tenta di intromettersi tra i due genitori (quanti bimbi dormono nel lettone?). Questa operazione ovviamente fallisce (ahimè non sempre) e il bambino potrebbe reagire con attacchi di collera, che ovviamente vengono neutralizzati o puniti. Questa reazione porta il bimbo a pensare che la punizione inflitta dal padre sia giusta e per questa ragione, secondo Freud si instaura in questa fase il complesso di castrazione.
Il complesso edipico – nelle femmine
Per le bambine, invece il percorso che Freud le assegna è piuttosto differente: poiché il padre possiede un organo genitale differente, il disinvestimento affettivo verso la madre è motivato da un’invidia latente per quel qualcosa che il padre ha e la mamma no e che sarebbe (inconsciamente) la fonte immediata di gratificazione. L’invidia del pene sarebbe quindi l’aspetto caratteristico del complesso edipico (complesso di Elettra) della bambina.
Ai nostri fini ci rifacciamo alla interpretazione (contestatissima) di Freud di cui sopra abbiamo dato una breve sintesi.
Il complesso edipico – la sua importanza
Della interpretazione psicoanalitica però non si deve trarre la conclusione che tale complesso sia un problema, dal momento che rappresenta una tappa fondamentale di ogni essere vivente (e la tragedia di Sofocle, alla stregua di qualsiasi mito, ne evidenzia i tratti universali). Ogni genitore, alle prese con questo tema tipico (archetipico perché dell’umanità) spiegherà al bambino che vuole ‘sposare’ la madre (o il padre) troverà, da adulto un’altra persona con la quale potrà fare ciò che fanno i genitori.
L’eventuale aggressività del fanciullo verso un genitore va gestita e veicolata nel modo opportuno dal genitore stesso mentre l’altro genitore non dovrà far altro che enfatizzare ed esaltarne le virtù. In tal modo il fanciullo si identificherà con il padre e andrà alla ricerca una fanciulla con le caratteristiche della madre (o del suo contrario).
Il complesso edipico – quando non viene risolto
Il complesso edipico però potrebbe non risolversi in modo adeguato e secondo Freud, questo starebbe alla base della maggior parte dei disordini psichici. Sempre secondo Freud, la mancanza di una figura paterna (abbandono, morte, divorzio etc) potrebbe portare il bambino all’identificazione con sua madre e dunque, in alcuni casi, all’attrazione verso persone del suo stesso sesso e mettere così in crisi la scelta della propria identità.