Il danno esistenziale da bullismo
“Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni.
Un’azione viene definita offensiva quando una persona infligge intenzionalmente o arreca un danno o un disagio a un’altra.” (Olweus, 1996).
Il bullismo quindi non è riferibile ai normali conflitti o rivalità tra ragazzi, tipici dell’età adolescenziale, ma piuttosto a vere e proprie prepotenze preordinate, oppressioni che con aggressività sistemica, con continue violenze fisiche, verbali e psicologiche, vengono costantemente imposte su soggetti più deboli ed incapaci di difendersi riducendoli spesso ad una condizione di soggezione, disagio psichico, isolamento ed emarginazione nei confronti di tutto il gruppo classe e, in casi più gravi, di tutta la scuola.
E’ possibile individuare alcune caratteristiche che differenziano il bullismo dai comportamenti prevaricatori che possono normalmente avvenire tra coetanei:
- L’intenzione volontaria e cosciente di arrecare danno all’altro, mediante azioni offensive attuate sia mediante il contatto fisico, sia a parole;
- Evidente soddisfazione nel perseguitare la vittima prescelta, specie quando quest’ultima accusa evidente sofferenza psicologica e sentimenti di angoscia;
- Riduzione della stima di sé e maggiore propensione alle vessazioni nella vittima a causa delle continue e ripetute umiliazioni subite, che la conducono a non rivelare agli insegnanti e genitori gli episodi che la vedono coinvolta, proprio perché teme ritorsioni e vendette.
Non si dovrebbe quindi parlare di bullismo quando i ragazzi che rimangono coinvolti in un contrasto, non insistono oltre un certo limite per imporre la propria volontà, quando sono in grado di spiegare il perché del loro conflitto, manifestare le proprie ragioni, scusarsi e cercare situazioni accomodanti, di cambiare tematica ed infine di allontanarsi.
Per chi vive delicati momenti evolutivi, il rischio che comportamenti a rischio si strutturino e si sistematizzino in un vero e proprio disagio esistenziale, è comunque elevato, soprattutto se l’adolescente si trova già in una situazione psicologica difficile e non incontra risposte adeguate dall’ambiente circostante.
E questo sicuramente si può dire sia del bullo che della vittima.
Alcuni studi longitudinali compiuti sulle vittime evidenziano, da un punto di vista psicologico, un maggior numero di episodi depressivi rispetto alla media, un stima di sé più bassa, un’alta percentuale di abbandoni scolastici, difficoltà lavorative ed un maggior numero di suicidi; da un punto di vista fisico invece, si riscontra un’incapacità a fronteggiare situazioni di aggressività verbale o fisica (violenza giovanile)e la tendenza a somatizzazioni più o meno gravi (mal di testa, mal di stomaco, attacchi di panico, etc).
Volendo considerare il danno esistenziale come “la somma di ripercussioni relazionali di segno negativo” (Cendon, Ziviz, 2000), è indubbio come esso possa ritenersi diagnosticabile non solo nella relazione bullo-vittima, ma anche in chi vive intorno a loro (genitori, alunni, insegnanti).
Cendon P., Ziviz P. (a cura di), Il danno esistenziale. Una nuova categoria della responsabilità civile, Giuffrè, Milano.
Dominici R, Montesarchio G., Il danno psichico. Mobbing, bulling e wrongful life:uno strumento psicologico e legale per le nuove perizie e gli interventi preventivi nelle organizzazioni.
Olweus D (1996)., Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono, Giunti, Firenze.