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La funzione trascendente secondo Jung

Cosa intendeva Jung con Funzione trascendente
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Foto di Xpics da Pixabay

Cosa intendeva Jung con Funzione trascendente

Il rapporto con l’inconscio sostanzia e da vita alla filosofia, alla religione e ovviamente alla psicoanalisi, in altre parole, tutto ciò che trascende la ragione ovvero la coscienza, di cui siamo (crediamo) padroni di casa.

In altre parole, seguendo Jung, potremmo chiederci: “Come ci si confronta in pratica con l’inconscio?

Bella domanda ma, meno male che l’abbiamo posta.

Ecco che, ponendoci questa domanda, ci rendiamo conto della necessità di cambiare atteggiamento, di operare un cambiamento che presuppone una reale accettazione e quindi una predisposizione al dialogo anche verso tutto ciò che prima sembrava impossibile, irrazionale, incomprensibile e che diviene sconcertante dal momento che finalmente viene percepito, quindi esiste, di conseguenza “è”.

“Mentre annotavo le mie fantasie una volta mi chiesi: Che cosa sto facendo realmente? Certamente questo non ha nulla a che fare con la scienza . Ma allora cos’è? Al che una voce in me disse. E’ arte.”

Finalmente vedo la luna, quindi la luna esiste, se una cosa c’è, allora è vera.

L’inconscio e la coscienza possono quindi allentare la loro divisione e il velo che li divide può lentamente essere rimosso.

La mediazione tra queste istanze (o almeno il suo tentativo) rappresenta ciò che definiamo Funzione Trascendente, un meccanismo psichico che si pone al di sopra delle tendenze coscienti e inconsce e favorisce il passaggio tra un vecchio atteggiamento e uno nuovo, generando una nuova sintesi.

Questa nuova sintesi, ovviamente non viene gratuitamente; la coscienza ha un pedaggio da pagare a cui non può sottrarsi. Deve infatti cedere un pò della sua supremazia accettando la sua relatività e la momentanea fragilità rispetto ad un qualcosa che sembra essere più forte.

Non basta infatti fare una mera e banale valutazione di ciò che emerge dall’inconscio, sarebbe troppo semplice, quindi troppo banale, unilaterale , insomma, sarebbe semplicemente inutile. Allora come? Come dice il buon senso, attraverso il dialogo.

Il dialogo costruttivo tra Tizio e Caio, tra Coscienza e Inconscio. Affinchè Tizio (coscienza) comprenda Caio (inconscio) è necessario che il primo sospenda ogni giudizio, ogni sicumera, abbandoni ogni certezza, insomma, che con umiltà, sia in ascolto e dia la possibilità a Caio di esprimersi, anche se sappiamo che il suo modo di comunicare è difficile, enigmatico, allusivo, simbolico.

Entrambi devono parlarsi ed entrambi devono avere la possibilità di esprimere il proprio punto di vista.

Tizio deve allenarsi a prendere in considerazioni le ‘follie’ (fantasie, intuizioni, immagini, simboli, allegorie (non conosce un modo diverso per comunicare) di Caio in modo serio, quasi fosse un pensiero razionale. Dovrebbe dirsi: “ma, con i sottotitoli, cosa vorrebbe dire? Insomma, cosa mi sta comunicando?

Se Tizio ascolta Caio, allora Caio esiste. Se esiste allora devo imparare a capire il suo mondo (insomma, è vero, siamo diversi, ma non per questo io sono migliore, anzi, lo diventerò se imparerò a comprenderlo), ovviamente tenendo bene in mente le nostre diversità.

Ora Caio, visto che si sente ascoltato, potrebbe scatenarsi e non farmi capire più nulla; allora devo trovare il modo per contenerlo, almeno finchè non ho compreso e quindi integrato, tutti i suoi messaggi. Certo, Tizio potrebbe essere un po’ rigido; in questo caso il lavoro sarà più duro, ma non vuol dire che ci troviamo di fronte ad una mission impossible.

Questa funzione (trascendente) della psiche esprime la presenza o la potenzialità di trascendere il naturale atteggiamento di Tizio (coscienza) e di Caio (inconscio) ovvero, di ’tirare tutto al proprio mulino’ perché non farebbe approdare a nulla.

Il processo si interromperebbe. Potrebbero infatti accadere due cose, entrambe distruttive ovvero 1) Tizio rimane sopraffatto da Caio, che in termini psichici potrebbe voler dire che l’IO si frammenta, perdere ogni riferimento (crisi psicotica), oppure 2) tutto rimane come prima, dal momento che il contenuto emergente che potrebbe portare l’innovazione viene invece trattato come tutti gli altri che a buon bisogno sono schemi limitati, miseri, privi di spinta emozionale e creativa.

Ecco quindi svelata la funzione di questa (perdonate il gioco di parole) Funzione Trascendente: permettere al soggetto di superare i conflitti inutili e smetterla una volta per tutte di ragionare e vivere in modo unilaterale (Tizio che ignora Caio perché autosufficiente).

Ora che sappiamo cos’è, passiamo alla fase successiva, ovvero, come si attiva? Dal momento che Tizio e Caio parlano due lingue diverse, o meglio parlano la stessa lingua ma in modalità apparentemente incompatibile. Il metodo più efficace (ed è Jung a suggerirlo) è quella della Immaginazione Attiva.

Questa tecnica o questo metodo, suggerito da Jung, è il frutto di un lungo allenamento e si sostanzia con il fatto che il soggetto si pone in dialogo con ciò che Caio dice (come abbiamo visto Caio potrebbe dire cose che apparentemente possono sembrare sconclusionate).

Alle ‘stranezze’ di Caio, Tizio dovrebbe ascoltare, registrare e dare senso a ciò che arriva; dovrebbe anche, dal momento che non capisce, formulare domande e rischiarsela con possibili risposte.

I contenuti che emergono non devono rimanere sotto forma di fantasie, anche se piacevoli e desiderabili, si dovrebbe evitare di cadere nella facile trappola di pensare solo a ciò che ci piace oppure al contrario, filtrare il tutto sulla base dei nostri pregiudizi.

Ricordiamoci che il passo tra un fine costruttivo e quello distruttivo (sono tutte sciocchezze, cose assurde) è molto breve.

L’immaginazione attiva (frutto delle personali esperienze, ovvero le sue fantasie inconsce ma anche quella dei sui pazienti) ha convinto Jung che questa funzione è molto importante in quanto funzione creativa cioè in grado di mantenere un equilibrio, pur sempre precario, tra Tizio (coscienza) e Caio (inconscio).

E’ facile? No, assolutamente. Ci vuole un impegno serio e duraturo che in altri termini vorrebbe dire: costante. Bisogna essere quindi fiduciosi e costanti, essere ‘OPEN’ mentalmente e disponibili a mettersi continuamente in discussione. Tutto ciò che emerge ha un senso.

Bisogna trovarlo e non fermarsi finchè non lo si è trovato. Ovviamente questa ricerca, raramente dura tutta la vita. Ma una volta impiantata diviene un’altra modalità che ci permette di accedere allo sconfinato mondo interiore che ci riserva sempre nuove sorprese.

Solo così si rimane perennemente vitali. Restando sempre in ascolto. Del resto basta pensare agli artisti. Il loro canale è sempre aperto e questo permette loro, grazie alle loro abilità artistiche, di svelare al mondo intero tutto ciò che salverà il mondo: la bellezza.

Il pensiero psicoanalitico Junghiano si fonda in gran parte proprio su questa modalità e Jung stesso ha detto che dal momento che l’inconscio comunicava una serie di contenuti sentiva il dovere di tradurle in qualcosa di concreto e che questo era il compito della sua vita.

Concludendo

Jung sostiene che il compito di ogni essere umano è quello giungere alla sintesi del SE.

L’individuazione, utilizzando la funzione trascendente riesce a conseguire il Se, che si articola partendo del recupero di ciò che sta nell’inconscio da parte dell’Io, ma anche dell’Io da parte di ciò che è inconscio (semplificando: Se = Inconscio + Io). Quindi, le due istanze sono le parti di un simbolo che finalmente trova una riunificazione, ovvero: il Se.

 

Bibliografia: C.G.Jung Opere vol. 8 e vol. 14 Boringhieri; C.G.Jung “Ricordi sogni e riflessioni” Rizzoli

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